GIORNO DELLA MEMORIA, LA STORIA DI EZIO GIORGETTI PRIMO GIUSTO ITALIANO

Salvò 38 ebrei diventando il primo italiano ad essere riconosciuto come “Giusto tra le nazioni”. La nipote: “I nonni ne hanno sempre parlato come un fatto normale. Erano vite umane da salvare”.

Ezio Giorgetti, più che altro voleva salvare la stagione. O, perlomeno, allungarla. Da buon albergatore romagnolo a chiudere il suo albergo Savoia sul lungomare di Bellaria, a settembre – benché in tempo di guerra -, piangeva il cuore. Invece si trovò a salvare 38 ebrei, diventando il primo italiano ad essere riconosciuto come Giusto tra le nazioni.

La storia, riportata alla luce qualche anno fa dal libro di Emilio Drudi: “Un cammino lungo un anno. Gli ebrei salvati dal primo italiano Giusto tra le Nazioni” ( ed. Giuntina), prende il via l’11 settembre del ’43 quando, all’indomani dell’occupazione tedesca, un gruppo di famiglie ebree provenienti dai Balcani, giunge in Riviera. Si presentano come un gruppo di profughi pugliesi in attesa di un’imbarcazione che li riconducesse a Bari. Solo che ad eccezione dei due capigruppo, Ziga Neumann, medico di Zagabria, e il genero Joseph Konforti, più che barese parlano serbo croato. ” È la moglie di Giorgetti, Livia Maioli a insospettirsi. E alla richiesta di spiegazioni la verità viene presto alla luce”.

Ma è qui che, per fortuna, fu la “banalità” del bene a prevalere, perché Giorgetti scelse di fare la cosa giusta. “È una vicenda incredibile – prosegue Drudi – a partire dal fatto che dopo soli due mesi, a novembre, di fianco all’albergo Savoia si insedia il comando tedesco. La prima cosa che l’albergatore fa per salvare gli ebrei è affittare una pensione a Igea Marina”. Sarà solo la prima delle fughe che l’albergatore organizzerà per loro. ” Giorgetti si fa aiutare fin da subito dall’amico Osman Carugno, maresciallo dei carabinieri di Bellaria, un antifascista vero. È lui che falsifica i documenti e contribuisce con la sua rete a dare protezione agli ebrei. In uno dei mille traslochi, capitò perfino che Neumann e i suoi finissero in un albergo dove alloggiavano pure i soldati tedeschi”. Di nascondiglio in nascondiglio – in mezzo ci fu anche una villa occupata dai nazisti -. Gli ultimi mesi a dare ospitalità ai fuggitivi saranno le famiglie di Pugliano, un paese dei dintorni, convinte da Giorgetti e sempre ignare dell’origine degli sfollati. A mettere fine alla loro odissea saranno gli alleati nel settembre del ’44, un anno dopo.

“I nonni – racconta Maria Francesca Vasini, nipote dei Giorgetti – ne hanno sempre parlato come un fatto normale. Erano vite umane da salvare, anche a scapito delle loro che avevano due bambine piccole. Poi certo la nonna ricordava anche la paura”. “Nel 1963 – conclude Drudi Konforti e Neumann -, sollecitati da un ex soldato della brigata Palestinese che aveva conosciuto Giorgetti, avviarono il processo per il riconoscimento di Giusto tra le Nazioni ” . Così Ezio e Livia, il 5 maggio del 1964, rividero gli amici salvati sulle colline di Gerusalemme, davanti allo Yad Vashem, piantando il carrubo che ancora porta il loro nome nel Bosco dei Giusti.

Noi facciamo una considerazione: forse sarebbe ora che la nostra città dedicasse a Ezio Giorgetti e Osman Carugno un riconoscimento: intestare loro una piazza, un tratto del lungomare, un busto, magari davanti alla stazione. Insomma, qualcosa di tangibile e riconoscibile a tutti.


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