Esecuzione d’Artista: modi creativi (1)

 

“Non il caos, ma la banalità è insopportabile.”
ranofornace ranina picciina

vento - dome albero 3 est“Il giorno non è più lui se per fuggire s’apre…“ – Vento – 2015

 

Pierdomenico”ranofornace”Scardovi-Metropolis-1980 (file originale)

 

Serendipità

“Venite a me, tornate compassionevoli
tornate nei luoghi che furono vostri!”

Seppellito il giocattolo
fra le crepe della terra
irradia le radici
il seme della tua identità.
Oh voce!

Sguardo nello specchio
rotto da mille disarmonie
vede morire l’idea
muovere fili fantoccineschi.

Sull’altare di prati aulenti
vagano gocce di Te Deum…
erano lì – ad omissis
girondeggiare sull’impronta
ai piedi dell’improbabile segno.

“Venite a me, tornate compassionevoli
tornate nei luoghi che furono vostri!”

Pierdomenico “ranofornace” Scardovi 1978

 

Nota

Realtà e irrealtà dell’immagine.

“Il giorno non è più lui, se per fuggire s’apre…” – Vento opera concettuale del 2015. Oggetto artistico noumenico. E’ una mia riflessione che si ricollega ad “Abbeveratoio” (link), al senso d’irrealtà iconica, non negata dalla fotografia (come invece è abituata a fare). Un’immagine fotografica senza incorrere a particolari artifizi tecnici, può documentare la teatralità rappresentativa di elementi appartenenti a contesti reali differenti e solitamente inconciliabili, condensati nel paradosso iconico della sua realtà tecnica. Ciò ne arricchisce la forza poetica (mani come radici… mani come rami…) e il continuum concettuale (sostituzione di parti significanti  con altre, in questo caso per similarità morfologica).

Dissonanza e cacofonia come umus materico.

Gli effetti delle mie esperienze musicali dadaiste iniziate nei primi anni ’70 avevano raggiunto un loro punto di raccordo nelle registrazioni degli anni ’80. Il brano intitolato “Metropolis” è stato composto nel 1980 e vuole inglobare l’ansia sequenziale di antiche fissazioni televisive, film muti, frenesie di traffico stradale della città americana degli anni ’60. Emozioni legate agli ascolti prettamente materici di “Out To Lunch!” di Dolphy, “Free Jazz” di Coleman, “Ascension” di Coltrane, emozioni vitree e metalliche andate in frantumi nell’officina siderurgica della mia sensibilità espressionista. La caoticità iconoclasta del magma sonoro era legittimato concettualmente dai richiami fascinosi del dadaismo di Duchamp e Ray, dall’espressionismo astratto di Pollock e dalla patafisica di Jarry. Come tutti i miei brani di quegli anni, è stato composto in una sola esecuzione di sovra incisioni che mettono in risalto soprattutto l’aspetto materico del suono, su un’idea rock blueseggiante rollingstoniana ancora presente in me che in quei lontani giorni non trovava riferimento alcuno.
Pierdomenico Scardovi (chitarre elettriche, basso, batteria, voce)

Consistenza e impalpabilità della parola.

“Serendipità” poesia del 1978 strutturata in cinque versi liberi posti simmetricamente, non si avvale come potrebbe sembrare del non-sense, tutt’altro… accentra tutte le sue forze al senso dell’esistere. Il referente è la poesia stessa. Varcare il muro dell’afasia è sempre stato lo scopo e la meta della parola. Ma cercare non sempre comporta trovare quello che ci si prefigge ed anche il rimanere a mani vuote va messo in conto. Così la poesia cerca, trova e nega i luoghi del significato attraverso concretezze, astrazioni e livelli  significanti. Ma cos’è tutto ciò? La domanda è ovvia (spiegherò in seguito). Quando il poeta scopre i fili della sua azione poetica, compie l’operazione più ardua e difficile di tutto il processo creativo. Le parole, le frazioni sintagmatiche, le frasi, si stampano sulla parete buia e instabile della sua in-coscienza (e in quella del lettore) come lucciole pulsanti che illuminano ad intermittenza tesori d’immagine. E questo trovare che non coincide con le premesse (vedi Cristoforo Colombo), fa la sua fortuna e quella della poesia.

sasso nello stagnoSassolino: “Il lusso della vita è pensare della morte.” (rano)

 

 

 

rano 2

Grazie dell’attenzione

Pierdomenico Scardovi


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