COSTI DEL POS: LE VERITÀ NASCOSTE

Prima di spiegare il Pos, parliamo della quantomeno anacronistica dichiarazione del Premier Giorgia Meloni sulle relative commissioni.

La Meloni sostiene che non si possono azzerare i costi perché sarebbe anticostituzionale, in quanto il Pos è una moneta privata: nulla di più falso! Il Pos è un sistema di pagamento, non una moneta. Infatti i non appartenenti ai paesi che adottano l’Euro, pagano con carte di credito che fanno capo a un’altra moneta. Quindi la questione non è tecnica come la Premier vuol far credere, ma politica. Il nocciolo del problema è che i sistemi bancari – sia italiano che internazionale – sono fin troppo tutelati. Per usare un eufemismo.

I costi dei Pos sono calati, complessivamente, di circa il 20% negli ultimi 5 anni. Non bastano queste cifre a soddisfare alcuni esercenti che continuano a dare battaglia alla moneta elettronica. Ecco numeri, confronti e commenti

Perché ad alcuni commercianti il Pos non piace? Tra le ragioni gli esercenti lamentano i costi per uno strumento di pagamento che, secondo alcuni, va a esclusivo vantaggio degli acquirenti. Ma quali sono i reali costi dei pagamenti elettronici?

SECONDO CONFESERCENTI IL POS COSTA AI COMMERCIANTI 772 MILIONI DI EURO L’ANNO

I costi dei pagamenti elettronici si dividono in due categorie: da un lato ci sono i costi del noleggio o l’acquisto del supporto fisico, il Pos sul quale si striscia la carta, dall’altro c’è il costo per singola transazione. Confesercenti lamenta un costo complessivo, fra commissioni e acquisto o comodato del dispositivo, che arriva a 772 milioni di euro l’anno fra commissioni e acquisto/comodato del dispositivo.

QUANTO COSTA UN POS?

I costi dipendono dalla banca, dal servizio richiesto, dall’ammontare del giro d’affari. Nel nostro paese il mercato dei pagamenti vede alcuni attori principali: Nexi, in partner con Intesa Sanpaolo, Unicredit, SumUp e Banca Sella. Come detto i commercianti hanno due oneri da soddisfare: l’acquisto o il noleggio del dispositivo e le commissioni sui pagamenti ricevuti. Un dispositivo può costare, se acquistato, da un minimo 29 euro (come il modello base di SumUp), a oltre 100 euro per quelli più sofisticati. Varia, e non poco, anche il canone mensile. Per esempio, Nexi mette a disposizione dei suoi clienti una soluzione a 27,5 euro al mese (che comprende Pos e cassa). Unicredit ha attiva una promozione che garantisce il noleggio del Pos a 2,9 euro al mese, zero commissioni per gli importi al di sotto dei 10 euro, e lo 0.9% per quelli superiori. Inoltre per confrontare tutte le offerte sul mercato esiste un simulatore, SignorPos, che aiuta a orientare le scelte.

I COSTI DELLE COMMISSIONI DEL POS

I costi per il supporto fisico non esauriscono le spese dei commercianti per i l’uso del Pos. Secondo quanto rilevato da un rapporto congiunto di curato dai siti specializzati nella comparazione delle offerte Osservatorio confronta conti e Sostariffele spese per le commissioni variano tra l’1,7% e l’1,4%. Unicredit propone sul suo sito una commissione dello 0,9%, Intesa Sanpaolo, invece, azzera il canone mensile ma fissa una commissione a 1,80%, Nexi ha offerte che partono da commissioni a 0,79%. Gli operatori più giovani, come Satispay, hanno nessun costo di transazione fino a 10 euro, e oltre questa soglia il costo è fisso a 20 centesimi indipendentemente dall’importo.

I DATI DI FABI: LA FLESSIONE DEI COSTI DEL POS

Secondo i dati di FABI, la Federazione dei bancari italiani guidata da Lando Maria Sileoni, il costo delle del noleggio del Pos e delle commissioni ha subito un’importante flessione nel corso degli ultimi 5 anni. Se nel 2017 il canone mensile per un Pos mobile era 14 euro e di uno fisso era 24 euro, nel 2022 sono arrivati, rispettivamente, a 5 e 8 euro. Lo stesso discorso vale per le commissioni. Se nel 2017 il transato da Pos mobile con bancomat costava al commerciante l’1,95% nel 2022 costa, di media, l’1,5%. Un calo ancora più importante c’è stato per le transazioni da Pos fisso con carte di credito, passate dal 2,70% del 2017 all’1,60% ai giorni nostri (una flessione del 41%).

COSTI ANNUI DELLE TRANSAZIONI DIGITALI CALATE DI CIRCA IL 40% IN 5 ANNI

Se andiamo a guardare le cifre aggregate il calo è ancora più evidente. Nel 2017 a un negozio o a un ristorante accettare pagamenti con Bancomat costava 4.400 euro, nel 2022 costa 2.700, il 40% in meno. Ancora meglio va per le carte di credito, nel 2017 il costo complessivo arrivava a 6.300 euro, nel 2022 non supera i 3.500 con un calo del 44%.

SILEONI (FABI): “INCOSTITUZIONALE UNA NORMA CHE AZZERI I COSTI DELLE COMMISSIONI DEI POS”

FABI è intervenuta anche sui rumors che vogliono allo studio dell’Esecutivo una norma che azzeri le commissioni dei Pos. “Una norma dello Stato volta ad azzerare le commissioni sui pagamenti con carte di credito e bancomat sarebbe incostituzionale: quelle commissioni sono pagate alle banche che offrono il servizio con il Pos a commercianti e partite Iva, ciascuna transazione ha un costo per le stesse banche che, pertanto, essendo peraltro aziende private, non possono azzerare i prezzi in un colpo solo – ha detto il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni -. Qualsiasi iniziativa che punti a ridurre o, in alcuni specifici casi, a eliminare le commissioni dovrebbe quindi essere presa dalle banche. Il governo, questo il mio consiglio, dovrebbe convocare l’Abi e il suo presidente Antonio Patuelli per capire se esistono spazi affinché il settore dia il suo contributo in questo senso. Certamente si può discutere e trovare una soluzione condivisa”.

GLI INTERVENTI DEL GOVERNO PER AGEVOLARE L’ACQUISTO DI POS

Nel corso degli ultimi anni il governo è intervenuto per mitigare i costi legati all’uso del Pos. Per esempio fino al prossimo anno viene riconosciuto, attraverso un credito d’imposta, un contributo fino a 50 euro, per l’acquisto dei dispositivi. A questo si aggiunge un ulteriore credito di imposta, per chi fattura fino a 400 mila euro, che copre il 30% delle spese sostenute per le commissioni.

L’EVASIONE FISCALE IN CONTANTI E IN DIGITALE

Secondo Valeria Portale, Direttrice dell’Osservatorio Innovative Payments e dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger del Politecnico di Milano (intervistata da Ruggero Po nel nostro podcast), “ogni 10 euro pagati in contanti, 3,4 siano in nero”.  Un numero che scende a 1,2 per i pagamenti digitali”. Dunque la propensione all’evasione fiscale si riduce a un terzo con i pagamenti digitali.

GLI ITALIANI E I PAGAMENTI DIGITALI: UN AMORE IN CRESCITA

L’Osservatorio Innovative Payments della School of Management del Politecnico di Milano ha rilevato che nei primi sei mesi del 2022, i pagamenti digitali in Italia hanno raggiunto un valore complessivo di 182 miliardi di euro con una crescita del 22% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Una tendenza destinata a crescere: entro la fine dell’anno i pagamenti digitali possono crescere tra il 15% e il 22%, raggiungendo un valore tra i 390 e i 405 miliardi.

L’EFFETTO DEL CASHBACK DI STATO SUI PAGAMENTI ELETTRONICI

Ad alimentare questa tendenza è stata la misura del Cashback di Stato che nel primo semestre del 2021 rianimato il settore degli acquisti, portando, secondo i dati della Banca Centrale Europea, l’Italia a far segnare uno dei valori più alti di crescita delle transazioni elettroniche in Europa (+41% contro una media del +18%). Ad aumentare sono le somme transate con le carte prepagate, che crescono del +19%, con le carte di debito in crescita del +24%, e delle carte di credito, in salita de +21%.

Fonte start-magazine


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Il Direttore Giuseppe Bartolucci

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