Amarcord

“E’ ba’ de mi ba’ lo chiamavano Carnazza” questa famosa frase del film di Fellini è, in pratica, il vero inizio della saga raccontata, insieme alla scena del nonno di Titta che si perde nella nebbia.

Rimini, per chi non lo sapesse è solo lo sfondo e non la protagonista del racconto, racconto che ha una rilevanza mondiale non solo romagnola, qui sta la grandezza di Fellini.

Appunto un ricordo del passaggio dalla civiltà contadina a quella della città, l’innocenza della sua gente e la perdita dell’innocenza, sogni che si scontrano con la realtà. La crescita fino alla maturità.

Amarcord qui a Bellaria è una cosa ben diversa, Siamo costretti a consolarci con l’Amarcod di politici di razza (oramai scomparsi), imprenditori illuminati, persi nella nebbia di un benessere improvviso e quanto mai effimero, di un etica scomparsa, di un rispetto dimenticato.

Dov’è finita quella spinta illuminata? Si è persa sconsolatamente nella nebbia come il nonno di Titta? Dovè finita la classe dirigente? Abbiamo Frati, Chierichetti, Madri Badesse, vecchi Komunisti, Imperatori, cavalier serventi, giovani ruffiani, tutti geni con le loro incontrovertibili verità, il tutto per occupare il potere, mettersi in mostra, fare inutili discorsi e raccogliere applausi…. E questa sarebbe una classe dirigente? Verrebbe da ridere se non fosse che il paese è il fantasma di se stesso.

Amarcod un paese allegro, vitale, pieno di energia, di voglia di fare, oggi si può piangere vedendo la desolazione che lo avvolge, una desolazione che tritura i cervelli e rottama le teste pensanti.

Non vorrei che questo fosse l’amarcord di questo paese.


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Il Direttore Giuseppe Bartolucci

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