KING CRIMSON: quando il re sussurrava alla regina

dome punta di palata 1 014“Inchinatevi signori, al cospetto di re Cremisi!

Entrando nella sua corte

troverete al suo fianco la regina Valentyne,

che gli ha concesso l’onore di una visita

e la sua mano… in gran segreto”

ranofornace

King-Crimson-21st Century Schizoid Man

Colosseum-Valentyne Suite-Theme two Februarys Valentyne

 

 

robert_fripp_2[1]La retorica dell’incipit espressa da chi scrive, non è casuale. Voglio, con questo straordinario lavoro “In the Court of the Crimson King” di “Sua Maestà” Robert Fripp, ritornare indietro all’alba del nascente linguaggio “progressive”, ovvero nel lontano 1966-67, per scorgere alcuni semi impiantati qua e là  fra le opere di gruppi, che di lì a poco avrebbero contribuito allo sviluppo della forma più complessa e matura della storia della musica rock. Occorre per l’occasione, ripassare il concetto di “musica seminale” dicendo che non è la quantità di musicisti “influenzati”, quanto il fatto di essere stati i primi a “inventare qualcosa” anche se spesso non è possibile sapere con certezza chi è stato il primo ad aver compiuto questo passo. Inoltre, occorre distinguere il termine “seminale” da quello di “influente”, sovente vengono usati come sinonimi, ma che conservano una differenza di fondo non trascurabile, ovvero che quest’ultimo è correlato alla quantità di musicisti influenzati.

Un esempio noto è quello fra lo “same” degli Stooges che ha avuto una “influenza” enorme sulle generazioni di musicisti future e “Vincebus Eruptum” dei Blue Cheer che anche se uscito un anno prima, fu si, mostruosamente “seminale” in quanto innovativo, ma non ascoltato a sufficienza e rimase matrice per  prodotti di “nicchia”. Detto questo, torno al  genere in questione e agli anni sopracitati, dicendo che anche dischi come “Forever Change” dei Love o “Sgt. Pepper’s” dei Beatles, oppure lo “same” dei Procol Harum o “The Thoughts of Emerlist Davjack” dei Nice, senza tralasciare “The Piper at the Gates of Dawn” dei Pink Floyd e “Days of Future Passed” dei Moody Blues hanno avuto in grembo intuizioni di proto progressive, prima della data ufficiale. Il disaccordo produce le sue scintille  più infuocate, quando si tenta di rapportare un disco come “Valentyne Suite” dei Colosseum, con la lunghissima splendida suite omonima (la prima in senso assoluto così dichiaratamente espressa) occupante tutto il lato B, al “Faccione del Re”, si tenta di dire che l’opera magna di Dave Greenslade, Jon Hiseman, Dick Heckstall-Smith, James Litherland e Tony Reeves, registrata in anticipo rispetto all’opera frippiana, nell’inverno del ’68 è da considerarsi la “madre segreta” del progressive, anche se pubblicato nel novembre del ’69, tre mesi dopo la registrazione e un mese dopo la pubblicazione del  capolavoro più straordinario che il prog abbia mai prodotto “In the Court of the Crimson King”, il frutto  più bello e inebriante dell’intero panorama pop, scaturito dalla mente di Robert Fripp, Greg Lake, Michael Giles, Ian McDonald e Peter Sinfield, nato come sintesi e superamento dell’esperienza psichedelica britannica di fine ’60. L’esistenza di una correlazione qualsiasi ante-litteram fra le due opere è puramente strumentale, ma necessaria per evidenziare il fatto che “Valentyne Suite” e “In The Court of Crimson King”, appartengono a due regni differenti, anche se non “uniti in matrimonio”, le due “Maestà”  “copularono” virtualmente in gran segreto, spargendo i semi nel 1968, anno dei loro primi acerbi tentativi procreativi, per dare inizio alla più  importante  e numerosa discendenza del progressive terminata ufficialmente nel 1977. E dire che l’opera dei Colosseum è da considerarsi a tutti gli effetti “seminale”, mentre quella dei King Crimson “influente”.

209-LP_COLOSSEUM_Valentyne_FRONT[1]Definisco brevemente il progressive come stile, anche se in questa area sono collocati gruppi molto eterogenei fra loro. “1- Il superamento della “forma canzone”, 2- l’adozione della “narrazione musicale” presa in prestito dalla musica sinfonica, che si articola e sviluppa in momenti diversificati fra loro, 3- l’utilizzo massiccio di ritmi e cambi di tempo, spesso nuovi rispetto al passato, 4- l’utilizzo di strumentazione allargata, dove le tastiere padroneggiano (organo Hammond come marchio di fabbrica), 5- arrangiamenti complessi e articolati tendenti al “barocchismo”, 6- l’assenza quasi totale dell’improvvisazione, 7- l’uso di testi e della grafica, dall’alto potenziale metaforico, criptico e fantasioso, 8- l’approccio tendenzialmente virtuosistico del musicista col proprio strumento. 9- assenza quasi totale di tematiche sociali o politiche,  la musica non riflette il reale, che viene stemperato nel fantastico, 10- ricerca esclusivamente estetizzante fine a se stessa.” Ovviamente tutti questi elementi non sono presenti contemporaneamente e alcuni di loro sono condivisi da altri generi, specie la psichedelica che ha diversi punti di contatto e forme di passaggio con il progressive.

Riporto qui i nomi della più importante discendenza; in ordine alfabetico: Camel, fino a “Rain Dances”, Caravan, fino a “For Girls Who Grow Plump in the Night”, Curved Air, fino a “Air Cut”, Emerson Lake & Palmer, fino a “Brain Salad Surgery”, Family, fino a “Bandstand”, Genesis fino a “A Trick of the Tail”, Gentle Giant, fino a “Interview”, Gong, fino a “You”, Greenslade, i primi due lPs, Hatfield & the North,  i loro due unici lPs, Hawkwind, fino a “Warrior on the Edge of Time”, Henry Cow, fino a “In Praise of Learning”, Jethro Tull, fino a “Living in the Past”, tutta la produzione dei King Crimson fino a “USA”, Magma, fino a “Kohntarkosz”, Moody Blues, fino a “Every Good Boy Deserves Favour”, Nice, fino a “Elegy”, Pink Floyd, la colonna sonora di “Moore”, “Ummagumma”, “Atom Heart Mother”, “The Dark Side of the Moon”e “Wish You Were Here”, Procol Harum, fino a “Home”, Renaissance, fino a “AShes Are Burning” Soft Machine, i primi due LPs, Strawbs, fino a “Grave New World”, Traffic, “John Barleycorn Must Die”, Van Der Graaf Generator, fino a “Still Life” e tutta la produzione di Peter Hammill da solista, Robert Wyatt, “The End o fan Ear” e “Rock Bottom”, con i  Matching Mole, i primi due LPs, Yes, fino a “Relayer”.

Non menziono qui la sterminata produzione minore britannica,  il kraut rock tedesco e neppure il nostro folto gruppo di spaghetti-prog per evidenti ragioni di prolissità. Ricordo solo che il viaggio da intraprendere con le sue “fermate obbligatorie” costituisce a mio avviso, l’esperienza fruitiva più affascinante che possiate compiere, forse del più importante fenomeno della musica rock, ma sicuramente della sua forma più artistica.  Buon Ascolto!

rano 2


RIPRODUZIONE VIETATA © BELLIGEANEWS.IT

2 Commenti su "KING CRIMSON: quando il re sussurrava alla regina"

  1. Simone Grosso | 28/12/2013 at 19:21 | Rispondi

    In The Court of the Crimson King è un album che consiglio vivamente a tutti gli appassionati di musica che vogliono iniziare ad interessarsi al progressive. Io son partito anni fa da questo album e sono restato completamente ipnotizzato; mai avevo sentito una cosa del genere e ritengo che sia ancora oggi un disco da avere assolutamente. Magnetico, mai banale, esprime tutta la genialità di Fripp e di Sinfield (come autore di testi). Molto bello come hai raccontato il rapporto tra Valentyne Suite e questo album, tra l’altro i Colosseum sono un altro dei miei gruppi preferiti in questo ambito. Grande Pier, recensione ottima, al solito…

Lascia un commento

il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.