RICORDO DI ALDO “VELENO” FOSCHI

«Migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi (chi governa, n.d.r.) possiamo inventare per molestarli, ostacolarli, scoraggiarli. È la vocazione naturale che li spinge; non soltanto la sete di guadagno. Il gusto, l’orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste, ampliare gli impianti, costituiscono una molla di progresso altrettanto potente che il guadagno. Se così non fosse, non si spiegherebbe come ci siano imprenditori che nella propria azienda prodigano tutte le loro energie ed investono tutti i loro capitali per ritirare spesso utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente ottenere con altri impieghi.» (Luigi Einaudi)

Così scriveva nel 1960, in un’Italia che stava risorgendo dalle devastazioni della guerra e si apprestava a realizzare quel boom economico che l’ avrebbe resa fra i paesi più industrializzati d’Europa, il già Presidente della Repubblica Luigi Einaudi.

Il Presidente Einaudi ha qui descritto una tipologia d’Imprenditore che rappresenta e descrive perfettamente il compianto “Veleno” Foschi. Anche lui, come altri, per creare tutte quelle strutture che tanto lustro e tanto benessere hanno dato a Bellaria Igea Marina, ha dovuto strenuamente lottare contro una classe di governanti locali che, fin da subito, l’hanno molestato, ostacolato e pesantemente intralciato.

Paradigmatica, in questo senso, è la vicenda del Centro Congressi.

Veleno l’ha realizzato con capitale interamente privato, come ha voluto Lui, secondo le sue idee e le sue “ispirazioni”: con sale da fino a 1.800 posti a sedere, con un Ristorante panoramico altrettanto capiente, con un ingresso e con sale espositive all’avanguardia. L’ha costruito poiché era diventato estremamente complicato, se non praticamente impossibile, avere in concessione dall’Ente Pubblico (leggi Comune di Bellaria) la sala principale del Palazzo del Turismo per portare a Bellaria il turismo congressuale.

E non a caso, nel momento dell’apertura ufficiale del Palacongressi, ottenuta la licenza, ma non ancora concessa la conformità edilizia per la presenza di sale abusive, con i congressisti già pronti all’esterno per entrare, il politico di turno che governava Bellaria, forse perché da ingegnere edile non aveva partecipato alla progettazione della struttura, ha pensato bene di impedirne ad ogni costo l’apertura fino a far intervenire la forza pubblica: uno squadrone di carabinieri a cavallo ha circondato l’edificio impedendone a chiunque l’ingresso.

Veleno chiamò a sua difesa i migliori avvocati del foro di Rimini. Il braccio di ferro fra i legali di Foschi e i funzionari del Comune durò a lungo; fino a quando intervenne il Prefetto che, per motivi di ordine pubblico, autorizzò l’ingresso dei congressisti imponendo però l’apposizione dei sigilli giudiziari alle sale abusive.

Da allora, e per più di 20 anni, le cose rimasero ferme allo stesso punto. Dopo qualche tempo qualcuno rimosse i sigilli ed il Centro Congressi incrementò progressivamente la sua attività nel Turismo Congressuale, portando a Bellaria tante organizzazioni, partiti politici, sindacati, esibizioni di personaggi dello spettacolo, divenendo fonte di attività e benessere per tutta l’economia della Città.

Le sale abusive rimasero aperte e tutta la struttura funzionò perfettamente per molti anni con le varie le autorizzazioni: piano antincendio per i Vigili del Fuoco; licenza della AUSL per somministrazione alimenti ecc., regolarmente concesse. Vista l’ importanza che il Palacongressi rivestiva, a nessun amministratore passò nemmeno per l’anticamera del cervello di risollevare il problema delle sale abusive.

Tutto ciò, va detto, a fronte di bilanci d’esercizio annuali molto spesso in perdita, con debito complessivo di anno in anno sempre più elevato. Ma per Veleno quel che contava era soprattutto: “Il gusto, l’orgoglio, di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste.”

Questo costituiva la sua più potente molla di Progresso, non solo, e non tanto, il guadagno che poteva ricavarne!

Solo alla morte di questo grande imprenditore, gli stessi politici ed amministratori, figli di quelli che ne ostacolarono l’apertura, animati da invidia ed interessi di parte, contrari al progresso ed al benessere della collettività, rialzarono la testa. Come sciacalli si avventarono in particolare su questo Bene agitando nuovamente lo “spettro” dell’abusivismo ne hanno dapprima minacciato la chiusura per mancanza di conformità edilizia, salvo poi desistere quando, con il ricatto, hanno ottenuto dagli eredi Foschi; prima il comodato gratuito, poi la locazione a società loro “amica”. Poi tentandone addirittura l’espropio; appellandosi, ironia della sorte, a leggi antimafia concepite proprio per colpire chi ha palesemente danneggiato e sfregiato l’intera collettività.

Come si può ben vedere, a distanza di quasi sessant’anni, la riflessione di Einaudi resta ancora estremamente attuale!

Per fortuna non tutti gli amministratori sono così stupidi, arroganti e invidiosi come quelli sopra menzionati. Ve ne sono anche altri che, come Einaudi, hanno compreso il valore ed hanno capito l’importanza che questi tipi di imprenditori hanno avuto ed hanno per Progresso di tutta la Comunità.

Il 27 Dicembre 1990, ad Aldo Gino Foschi veniva conferita dall’allora Presidente Francesco Cossiga la croce di Cavaliere del Lavoro della Repubblica Italiana. Dopo la cerimonia, accompagnato dal vicepresidente dell’INPS, veniva ricevuto dal Ministro dei Lavori Pubblici Clelio Darida.

Aldo si presentò all’incontro indossando un cappotto vecchio e liso, con varie macchie d’unto, provvisto di un solo bottone per di più mal abbottonato, tenendo un comportamento assolutamente informale, tendente all’amichevole. Alla fine del colloquio il suo accompagnatore ritenne opportuno scusarsi con il Ministro sopratutto per l’ abbigliamento del neo cavaliere, ma l’On. Darida rispose: “Non si preoccupi… non è un cappotto vecchio e macchiato che fa la persona… Sono questi gli Uomini che, con il loro Operato, hanno contribuito a far rinascere l’Italia.”


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Il Direttore Giuseppe Bartolucci

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