FINO ALL’ULTIMO GRANELLO DI SABBIA

Il Governo impugna la legge regionale dell’Abruzzo anti Bolkestein

 

PESCARA – “Daremo battaglia per difendere la legge regionale sulle concessioni demaniali, la direttiva Bolkestein distruggerebbe il nostro turismo, centina di balneatori si ritroverebbero sulla strada, cacciati da casa loro dalle grandi multinazionali”.

Questo il grido d’allarme di Cristiano Tomei, coordinatore nazionale della Cna balneatori e responsabile regionale, dopo aver ricevuto la notizia, da molti temuta, dell’impugnazione da parte del Consiglio dei ministri della legge regionale “Tutela del legittimo affidamento dei concessionari balneari”, approvata il 5 aprile scorso e che porta la firma di Luciano Monticelli del Partito democratico.

Una norma pensata per stoppare in Abruzzo, ancor prima della legge nazionale in alto mare e che non promette nulla di buono, gli effetti della famigerata ed ultraliberista direttiva dell’Unione Europea 123 del 2006 conosciuta come direttiva Bolkestein, da Frits Bolkestein, commissario europeo per il mercato interno della Commissione di Romano Prodi, che ha sostenuto la sua approvazione.

Direttiva che prevede, per quanto riguarda in particolare le concessioni balneari, la possibilità per gli operatori di altri Paesi dell’Unione europea di partecipare ai bandi pubblici per l’assegnazione delle concessioni demaniali.

L’Italia la direttiva di fatto non l’ha applicata.

E anzi ha disposto la proroga automatica delle concessioni balneari su tutta la costa italiana fino al 31 dicembre del 2020. Proroga però bocciata dalla Corte di Giustizia europea.

Si lavora ora in Parlamento ad un progetto di legge, che però di fatto nell’impianto orginale recepirà la direttiva Bolkestein, per poi prevedere, in sede di decreto attuativo un periodo transitorio, non si sa quantio lungo.

In questo modo, insomma, si farebbe rientrare dalla finestra la proroga cacciata dalla porta dai giudici della Corte europea.

L’Abruzzo, una volta tanto pioniere, è intervenuto dunque con una sua legge in cui si prevede che “nell’esercizio delle proprie funzioni i Comuni garantiscono che il rilascio di nuove concessioni avvenga senza pregiudizio del legittimo affidamento degli imprenditori balneari titolari di concessioni rilasciate anteriormente al 31 dicembre 2009”.

Ovvero, in soldoni, chi ha la concessione se la può tenere a tempo indeterminato.

“Il testo – aveva commentato soddisfatto Monticelli – è una risposta originale dell’Abruzzo a un problema che assilla da anni tutte le regioni costiere d’Italia. La politica migliore non è quella che riempie di chiacchiere i giornali locali, ma quella che risolve problemi concreti dei lavoratori e delle imprese”.

Un attivismo che rischia di rivelarsi un eccesso di zelo, visto che come molti già avevano fatto notare in sede di discussione del provvedimento, la legge era di dubbia costituzionalità.

Ed infatti il Consiglio dei ministri l’ha impugnata, ma non sospesa, sostenendo che “dettando una disciplina regionale dell’assegnazione delle concessioni demaniali marittime, la legge regionale abruzzese è invasiva delle competenze in materia di tutela della concorrenza e di ordinamento civile, riconosciute in via esclusiva allo Stato, ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione”.

Lo stesso del resto era accaduto anche con una legge simile approvata dalla Regione Toscana e della Regione Friuli Venezia Giulia, anch’essa impugnata per conflitto di competenze e perchè prevedevano rispettivamente e messe nero su bianco proroghe delle concessioniri spettivamente di 20 e 40 anni.

Si aprirà duque un nuovo contenzioso davanti la Corte Costituzionale, visto che altre leggi regionali abruzzesi sono state impugnate dal governo, vedi i provvedimenti sulle piattaforme petrolifere, quella sul Parco della Costa dei Trabocchi e quella sui finanziamenti alla Saga, la società che gestisce l’aeroporto d’Abruzzo.

Tomei, a nome delle centinaia di balneatori abruzzesi, invita però la Regione Abruzzo a tenere duro, a far valere le proprie ragioni davanti ai giudici delle leggi, essendo una questione considerata di vita o di morte.

“Stiamo studiando dal punto di vista giuridico l’impugnazione – spiega Tomei ad AbruzzoWeb – ma possiamo già affermare che secondo noi la legge regionale è in linea con quanto riportato dalla sentenza del 14 luglio 2016 della Corte di giustizia europea, che riconosce il principio della tutela del legittimo affidamento, ovvero il diritto a mantenere la concessione per coloro che hanno negli anni fatto ingenti investimenti. E lo stesso principio viene fatto valere anche in tanti emendamenti presentati in modo trasversale al disegno di legge sul riordino delle concessioni balneari. Infine, la legge abruzzese non prevede come avvenuto in altre leggi regionali proroghe quantificate nella durata, ma si limita a tutelare il lavoro e gli investimenti già effettuati”.

Altro argomento che secondo la Cna si può poi far pesare, è che non viene scalfito il principio della libera concorrenza, in quanto nuove iniziative imprenditoriali sono già possibili su un numero enorme di spiagge ad oggi disponibili, tolte quelle ovviamente che devono rimanere libere e gratuite.

“Ad oggi sono disponibili in Italia per nuovi insediamenti – snocciola un po’ di numeri Tomei – più di 4 mila chilometri di costa su 8.500 chilometri, quasi il 50 per cento. Fatte salve le spiagge libere, che sono in media il 20 per cento che libere resteranno in ogni caso. Si comici da lì a fare i bandi di concessione”.

Ma al di là dell’aspetto meramente giuridico, c’è la questione di sostanza: la legge Bokestein, se non viene frenata e fatta deragliare, a livello regionale o nazionale poco conta, per la Cna balneatori rischia di mandare sul lastrico centinaia di operatori in Italia, non soltanto in Abruzzo.

In caso di bando pubblico europeo, mai e poi mai i piccoli operatori locali potranno competere con multinazionali del turismo che saranno in grado di fare offerte imbattibili.

Si rischia insomma di consegnare, in ossequio al pensiero unico del turbocapitalismo, le spiagge in pochissime mani, favorendo, con lo specchietto delle allodole delle liberalizzazioni, al consolidarsi di oligopoli, che è il contrario della libera concorrenza.

“Quello che a Bruxelles ci si ostina non capire è che la Bolkestein avrà come effetto il vanificarsi degli investimenti fatti in decenni da tanti imprenditori che hanno confidato sul legittimo affidamento, ovvero sul diritto di mantenere senza revoca e a tempo indeterminato la concessione. Le regole del gioco non si possono cambiare  in corso d’opera, non è questione di indenizzi per chi dovrà cedere la sua spiaggia dopo tanti soldi spesi e sacrifici. C’è il lavoro di una vita in quegli stabilimenti, che molto difficilmente potrà essere trasferito altrove”.

“Il settore balneare – prosegue Tomei – è attualmente composto in Italia da 24 mila imprese, di queste il 57 per cento sono imprese individuali, il 26 per cento piccole imprese, spesso a condizione familiare. In pratica, è un settore che dà lavoro ogni anno a 300 mila persone e rappresenta l’8 per cento del Pil nazionale. Se le concessioni vengono messe a bando, una piccola impresa mai e poi mai potrà competere con colossi del settore, perché parliamo di bandi nell’ordine dei milioni di euro”.

Se le teste d’uovo di Bruxelles sostengono che l’apertura alla libera concorrenza permetterà di garantire una migliore qualità dei servizi e prezzi più convenienti, determinando anche un aumento dei canoni demaniali a beneficio delle casse pubbliche, c’è chi accusa la Bolkestein di creare dumping sociale, fomentando una corsa al ribasso per quanto riguarda le tutele sociali, i diritti dei lavoratori e gli stipendi.

“Ad essere a rischio è il made in Italy – conclude Tomei – un modello di accoglienza che, a dirlo sono i numeri, è tra i migliori al mondo, visto che il 70 per cento dei turisti viene in Italia per il mare. E vi invito a tal proposito a riflettere sul fatto che molte spiagge sono in concessione agli alberghi, che riescono ad essere competitivi perché nel pacchetto delle loro offerte ci mettono anche il posto in spiaggia, camera più ombrellone. Cosa accadrà se la spiaggia messa a bando andrà in altre mani, come è del tutto probabile? Quell’offerta diventerà molto più difficile e costosa da praticare”.

Fonte Abruzzo web

 


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Il Direttore Giuseppe Bartolucci

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