ANATOMIA DEL SISTEMA TURISMO (DI PIERO BENINI)

Buongiorno Direttore,

cercherò ancora con questa mia, di portare discussione, mi auguro interesse e anche polemiche, con la speranza siano utili per il futuro di questa città.

Dal lontano 1977, gli studiosi Miossec e Butler, equiparano una località turistica a un bene di largo consumo, che di conseguenza ha un suo ciclo vitale. Miossec in particolare, divide questo ciclo in sei parti: esplorativa, coinvolgimento, sviluppo, consolidamento, stagnazione e declino. Chi vorrà potrà approfondire gli studi di Miossec e Butler.

A questo punto proviamo ad analizzare se questa città è nella fase di stagnazione o di declino. Consultando le tabelle che con meticolosità il sig. G.P. Gori ogni anno compila, si deduce che le curve “arrivi e presenze” portino a pensare a una stagnazione tendente al declino.

Nella fase di stagnazione, il residente nella località tende a considerare il turista come un intruso e a non partecipare più attivamente alla vita della città, per il semplice motivo che non lo considera più uno strumento di ritorno economico.

Addirittura non investe nemmeno più nei beni di sua proprietà: casa, negozio, pensione. Insomma, le piccole attività che un tempo erano fonte di reddito. Diventa poi insofferente, o addirittura intollerante, verso ogni forma di intrattenimento, cosa che è normale in una località turistica. Si passa da intrattenimento a schiamazzo.

Il lavoro, nella fase di consolidamento, era a beneficio dei locali. Il reddito estivo permetteva a tantissimi di passare l’inverno, e comunque i soldi spesi rimanevano nel territorio generando ricchezza.

Ora ci si rivolge a manodopera straniera a basso costo, il cui unico incentivo è l’assegno di disoccupazione da spendere nel paese d’origine (facile bypassare le regole), con conseguenze che si riflettono sulla qualità dei servizi e tradiscono i valori locali, su cui invece bisognerebbe puntare.

A mio modestissimo avviso quindi, siamo nella fase di declino e cercherò di spiegarne il perché.

Gli amministratori locali, che non conoscono gli studi di Miossec e Butler, si rendono conto del declino, ma non hanno strategie, se le avessero avute sarebbero corsi ai ripari molto tempo fa, vedi le opere promesse e non fatte, anche se ai tempi i soldi c’erano.

Il problema non era il denaro, l’unica strategia che si è messa in campo è stata il “divide et impera”, esempi da manuale sono il monumento ai caduti, la pescheria, i chioschi, polo est, “l’asfissiante” Verdeblu. Su questi argomenti si è divisa e si continua a dividere una città.

Noi ci perdiamo in sterili polemiche e loro vanno avanti. Riflettiamo: erano situazioni che un’amministrazione di qualsiasi colore politico di buon senso, che avesse a cuore le sorti della città, avrebbe risolto. La volontà di non risolvere, la strategia del caos. Altro caso: il Palacongressi.

Lasciando perdere ciò che lei contesta, facendo finta che tutto sia in ordine, cosa si offre ai congressisti che vengono da chissà dove? Cosa portano via dal nostro territorio? Cosa gli offriamo?

Io, con alcuni di loro, ho parlato. Hanno scosso la testa: pianificazione zero. Ho letto il suo recente articolo sul mercato del pesce a Cervia e mi è venuta in mente una cosa: lo sa lei che nei magazzini del sale di Cervia si creano eventi tutto l’anno? Sì, tutto l’anno e qui si lascia marcire la colonia Roma, che come spazi surclassa abbondantemente i magazzini del sale di Cervia. Addirittura si sente dire di un possibile trasferimento del Comune in quell’area, ma quali ristrettezze mentali bisogna avere per solo pensare ad una cosa del genere? Anche qui, chi sono gli stakeholder? Bisogna chiederselo; è imperativo!

Direttore, lei prenda una cartina dell’Europa e scelga una qualsiasi località sul mare. Dal momento che non può andarci fisicamente ci vada con street view, e vedrà che il porto è il vero coagulante e punto di aggregazione di qualsiasi cittadina che si affaccia sul mare. Qui esiste un porto e sul porto non c’è un ristorante, un’assurdità! Non trovo aggettivi per questa situazione.

Da Comacchio a Cattolica è sui porti che di sera c’è aggregazione, è li che sono sorti i locali di tendenza. Qui vige il “tutto dentro l’albergo”, che porta un danno incalcolabile all’economia locale che gravita attorno al turismo.

Sempre da Comacchio a Cattolica esiste un’industria (chiamiamola così), quella dei chioschi della piada. Dà lavoro a migliaia (sì migliaia) di famiglie, quanti ne conta lei qui in città? Ed è il re dei prodotti di territorio.

Quanti agriturismo conta Lei nella campagna a ridosso della città? Una città in declino irreversibile che bisogna ripensare, ed è per questo che mi ero permesso di fare dei nomi. Insisto, persone giovani e meno giovani, credibili, intellettualmente oneste, che vadano tra la gente e spieghino la loro idea di città e di sociale, che smantellino la “fondazione” e gli interessi che ci ruotano intorno, persone prive di scopi “particolari”, senza conflitti di interesse, che facciano capire alla gente che “loro” non vivono di politica e che quando avranno finito il mandato non ci sarà nessuna Presidenza o Consiglio di Amministrazione che li aspetta.

Vincere la paura di esporsi e opporsi all’invidia sociale. Mi è impensabile credere che, come ha detto Lei, 50 famiglie tengano in scacco l’intera città. Se non lo fate, fra dieci anni, come dicono Miossec/Butler, il conflitto sarà ingestibile e inesorabile.

Buone cose, Piero Benini.


RIPRODUZIONE VIETATA © BELLIGEANEWS.IT

Il Direttore Giuseppe Bartolucci

su "ANATOMIA DEL SISTEMA TURISMO (DI PIERO BENINI)"

Lascia un commento

il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.