LEZIONI DI ROMAGNOLO

Insegnate il “romagnolo” ai turisti, vi saranno grati eternamente.

Il romagnolo è una lingua in via di estinzione che racconta un mondo che non c’è più. Le parole romagnole dipingono quel mondo fatto di campagna e collina, mare, montagna e piccoli borghi che componeva la Romagna. Aspetta un attimo! Quel mondo c’è ancora! Ed è sempre lì in Romagna. Allora vale la pena dare slancio alla lingua che lo racconta.

Le parole romagnole non sono uguali a quelle delle altre lingue. Per chissà quale motivo certe robe non si riescono proprio a tradurre. Se solo “gli altri” riuscissero a capirle veramente ce le invidierebbero sul serio.

Ecco allora le 9 parole che tutto il mondo ci invidia (la decima è meglio non scriverla):

  1. Patacca”. Questa è forse la più famosa delle parole romagnole. Significa “minchione”, “sciocco”. Ma bastano questi due significati per tradurre il termine “patacca”? Decisamente no.
  1. Sburon (“sborone”). Se dovessimo tradurre la parola significherebbe qualcosa come “esibizionista, sbruffone”. Ma se invece ci chiedessero di fare l’etimologia, ecco, questo potrebbe diventare imbarazzante.
  1. Valà. Tecnicamente sono due parole “va” e “là”. Tanto semplice. Eppure questa parola è magica e riesce a distruggere qualunque ragionamento, offesa o teoria. Mandando l’interlocutore in un non meglio definito “là”.
  1. La pie o pida (“piadina” o “piada”). Questa parola, sì, la capiscono tutti e tutti ce la invidiano. Perché buona come la mangi in Romagna non la trovi da nessuna parte.
  1. Cutvegna. Anche questa tecnicamente è più di una parola, e si tradurrebbe come “che ti venisse” (un colpo). Che però sottolinea la naturale propensione dei romagnoli ad augurare il meglio ai propri interlocutori.
  1. Inciciuì o inzurlì (“inciciuito” o “inzurlito”). Letteralmente significherebbe “diventato come un chiurlo”, qualcosa che in italiano trova corrispondenza nella parola “allocchito”. Ma volete mettere quanto suona meglio a pronunciare la parola “inciciuito”?
  1. Burdél. Termine che chiunque sia stato in Romagna conosce. Viene usato come sinonimo di “ragazzo”. Ma forse non tutti sanno che in realtà deriva da un tardo latinaccio “burdus” che significa mulo. Il mulo tutti sappiamo che è un incrocio fra un asino e una cavalla, un ibrido. Un bastardo. Infatti il vero significato di burdél è proprio”bastardo”. Testimonianza del fatto che il romagnolo ama profondamente il prossimo.
  1. Svarnaza. Termine di uso comune che significa disordinato, sfaticato. Ma quante altre cose? Come ciascuna delle parole romagnole anche questa più che un significato ha il volto delle persone a cui lo indirizziamo.
  1. Ignurantaz. Quando in Romagna si vuole dare a qualcuno dell’ignorante non si dice semplicemente che è ignorante. Ma che è un ignorantaccio. Il romagnolo è così: le cose o sono nette e rimarcate oppure non gli interessano.

Fonte Paolo Gambi


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