“La sua Mustang Gt verde grattava le strade di Los Angeles come la sua barba frenava sulla schiuma di una lama Gillette.” (ranofornace)

 

Lalo Schifrin – Bullitt (Main Title)

Sovente vado alla ricerca di segni o pretesti che possano far scaturire in me quell’interessante meccanismo della nostra mente che è la “memoria involontaria”. Ci sono gli oggetti, i profumi, le parole… e ci sono i suoni. Perché, a chi non è capitato di ascoltare musiche che più o meno direttamente lo hanno proiettato in una realtà emozionale retroattiva di indefinibile decifrazione? Ebbene il riflesso di questa pratica dalle origini onanistiche, ha il potere di contribuire a volte al recupero di alcuni tratti identificativi della nostra esistenza.

Noi andiamo avanti guardandoci continuamente indietro senza stancarci, alla ricerca delle nostre emozioni più antiche, rimosse dalla noia, dalla frenesia, della quotidianità, da un nuovo giorno che verrà e proviamo ad inserirle come tessere mancanti nella nostra storia. “Alla ricerca del tempo perduto” o in altre parole, per ricordare a noi stessi chi siamo quando capita di perderci, solo così attuiamo la nostra “salvezza” nel modo più piacevole. La musica è una delle arti taumaturgiche più efficaci per la sua natura irrazionale, la più adatta a portare in superficie emozioni legate da vincoli d’esperienza, senza pretenderne la spiegazione. A quel punto possiamo “giocare” con noi stessi senza correre pericoli di sorta (a differenza della psicoanalisi), creando una nuova esperienza conoscitiva.

Lalo Schifrin-Shifting Gears

Questo mi accade ogni qualvolta ascolto un soundtrack come “Bullitt”, movie di Peter Yates, interpretato da Steve McQueen e composto nel 1968 da uno dei più grandi compositori del ‘900, l’argentino Lalo Schifrin. Penso sia doveroso presentare comunque Lalo Schifrin nonostante che sia noto sopratutto per essere l’autore dell’inconfondibile tema della serie televisiva americana “Mission Impossible”, ma non tutti sanno che è soprattutto, il geniale compositore di innumerevoli colonne sonore e composizioni varie che hanno invaso al cinematografia mondiale dagli anni ’60 ad oggi. Ha inoltre collaborato con musicisti di varie estrazioni musicali, abbracciando molti stili, avanguardia compresa. Ricordiamo qui il prestigioso sodalizio con Dizzy Gillespie nel 1960, come pianista nel suo quintetto newyorkese, dove compose due pezzi per il grande trombettista jazz che vanno ad arricchire la sua lunga e talentuosa carriera. Diplomatosi a Parigi in pianoforte e composizione, frequentò qui, nientemeno che i corsi di Olivier Messiaen (punto di riferimento per molti musicisti contemporanei tra cui Robert Fripp), acquisendo l’originalità compositiva e la propensione all’uso disparato degli strumenti musicali.

Lalo Schifrin-Ice Pick Mike

“Bullitt”, film americano drammatico-poliziesco, è terreno fertile per dodici interessantissime tracce, (ne ricordiamo qui solo alcune) atte a vestire i ben noti fotogrammi ma qui ciò che conta sono la loro decontestualizzazione che ci permettono di lasciar fluire tutto il potenziale espressivo ed evocativo del suspense-jazz fiatistico magistralmente arrangiato da Schifrin a iniziare dalla prima traccia “Bullitt (Main Title)” che ci coinvolge in un transfert epocale, dall’alto contenuto immaginifico; una specie di macchina del tempo e dello spazio, estraniante e rivelatrice dell'”American Dream”, partito dalla fine degli anni ’50 e trascinatosi per tutto l’arco dei ’60  facendo presa su di noi, europei invaghiti. Non è necessario aver vissuto in quegli anni per far volare l’immaginazione, l’effetto coinvolgente si esplica in ogni modo da quella specie di inconscio collettivo di cui tutti facciamo parte.

Lalo Schifrin- A Song For Cathy

La metropoli, il caos, ma anche, l’intimismo e la sensualità, approdano nella stanza delle nostre attese. “Ice Pick Mike” appartiene al dualismo tutto americano, “verticale versus orizzontale”, sospeso fra affascinante vertigine dei grattacieli assiepati e fuga esasperata in direzione dei grandi spazi extra urbani. Notevole è lo swing per flauto di “A Song For Cathy”, anticipato da una sequenza di accordi pentatonici per chitarra elettrica. In “Shifting Gears” si mantiene alto lo stato di tensione, senza mai eccedere nel panico, anzi sempre, l’evoluzione dei pezzi in Schifrin è controllata da un forte rigore stilistico e da una narrazione musicale dalla non scontata infatuazione emotiva. I momenti rilassanti della rassicurante “The First Snowfall” cullano l’ascoltatore verso il finale di “Bullitt (End Title)”, che ripropone lo splendido motivo iniziale per chitarra elettrica in chiave blues swingato.

Lalo Schifrin-The First Snowfall

Per concludere diciamo che “Bullitt” nella discontinuità sequenziale, per sua natura (essendo nato per una logica filmica), è una metafora della memoria, intesa come un meccanismo che emerge alla luce della nostra coscienza con intermittenza apparentemente scollegata, ricordi di filtraggi che fungono da riferimenti emozionali, da cui è possibile attuare quella rimonta costruttiva della nostra storia legata a meravigliosi fantasmi del passato. Ovvero… certi miti (costruiti con il cinema, la televisione, la radio, la pubblicità, le riviste pattinate e le arti) non cessano mai di sorprendere nella loro dispensabilità. A mio onesto parere, per una discografia cinematografica, in questo caso l’album lo definirei “immancabile”.

Tutte le tracce:

1. “Bullitt (Main Title)” (2:08)
2. “Room “26”” (2:23)
3. “Hotel Daniels” (2:53)
4. “The Aftermath of Love” (2:49)
5. “Music to Interrogate By” (2:50)
6. “On the Way to San Mateo” (2:31)
7. “Ice Pick Mike” (3:00)
8. “A Song for Cathy” (2:13)
9. “Shifting Gears” (3:17)
10. “Cantata for Combo” (3:05)
11. “The First Snowfall” (3:03)
12. “Bullitt (End Title)” (2:39)

Lalo Schifrin-Bullitt (The End Title)

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Pierdomenico Scardovi

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