The Flock: The Flock

 

dome darsena“Signore e Signori, un attimo d’attenzione prego,

ed ora… Clown!” ranina picciina

 

 

 

 

The Flock-Clown

 flock band dolore 3Mamma mia, quanta bella musica dimenticata popola la storia! A scavare nelle sue fangose profondità rimangono impigliate perle d’inestimabile valore, il fatto è che c’è l’imbarazzo della scelta, ma ora è giunto il momento per me di portare alla vostra attenzione un tesoro nascosto, un “cruccio” che mi porto da lungo tempo, perchè “The Flock”, il primo album eponimo dello scarsamente conosciuto gruppo americano “The Flock”, pubblicato nel 1969, è uno di quei dischi che hanno accompagnato il mio tragitto conoscitivo fin dai tempi della sua uscita. “The Flock”, pietra miliare del “Chicago Sound” e capolavoro senza tempo della discografia sessantiana, emana un fascino indescrivibile come pochi altri album; ma che meraviglia! Nati nella grande metropoli del lago Michigan, i Flock sono stati una specie di rock-jazz band (solo per minimizzare) di stratosferica qualità, che non ha avuto il meritato successo commerciale come quello degli illustri “Chicago” o “Blood Sweat & Tears”, ma di gran lunga molto più interessanti.

flock goodman 1Band eclettica dalle risorse tecniche eccezionali… Sfido chiunque a trovare un altro disco con le medesime caratteristiche, da competere con questo loro lavoro, che per inventiva, originalità, complessità degli arrangiamenti ed anche capacità di non far annoiare, anzi… il rhythm & blues solitamente poco sopportabile a livello d’ascolto, con loro diventa una base su cui collocare soluzioni melodiche vocali e strumentistiche impeccabili ed anche l’uso orchestrale della sezione a fiato nel contesto rock e la melodia nostalgica tipica di quella città,  pongono il gruppo in vetta agli altari musicali di tutti i tempi! Gli stili si alternano e si compenetrano in un modo incredibilmente fluido, dal r&b, al folk, al jazz, al blues, accompagnano un canto dalle forti connotazioni soul, per un risultato di progressive-rock-jazz molto particolare.

The Flock-I am the Tall Tree

flock band colore 4 Ma andiamo con ordine, i Flock, musicisti bianchi nella Chicago jazz nera, colgono sapientemente tutti gli impulsi e i fermenti della metropoli americana, trasformandoli in un coagulo sonoro di impareggiabile bellezza. Capitanati dal bravissimo e talentuoso violinista Gerry Goodman, molti sapranno che fu membro della Mahavishnu Orchestra di John McLaughlin, come sostituto della prima scelta Jean-Luc Ponty, impossibilitato ad unirsi per cause burocratiche,   comprendono l’efficace chitarrista Fred Glickstein, dalla voce vitale e di una naturalità aperta, con l’apporto di due sax Rick Canoff e Tom Webb, una tromba Frank Posa, per gli incisi e le frasi, oltre al basso Jerry Smith e alla batteria Ron Karpman. I sette musicisti americani mettono in piedi il loro primo magistrale lavoro degno di nota, frutto spontaneo e robusto dell’imperante scena sperimentale di Chicago.

 

flock glickstein 1Si parte con “Introduction”, dialogo jazz tra chitarra “vellutata” e violino nostalgico, per uno scherzoso preambolo dimostrativo che prelude ai 7:42 minuti di “Clown”, r&b dalle venature hard, con stacchi soul e assolo distorto di chitarra elettrica di Glickstein e sviolinata in piena di Goodman, dallo sviluppo evasivo e sognante molto articolato. Con “I am the Tall Tree”, il canto evanescente e impostato di Glickstein, è accompagnato da cori soul alla H.P. Lovecraft, impreziosisce la narrazione musicale che si sussegue con cambi di umore imprevedibili ed esaltanti. In “Tired of Waiting”, il violino vitalistico di Goodman fa da apripista all’entrata potentissima e micidiale, quanto breve, di chitarra distorta di Glickstein, per aprire in r&b con conseguente assolo alternato tra i due strumenti.

flock band 2Con “Store Bought-Store Thought” si apre la seconda facciata ma diciamo subito, come è possibile descrivere lo sviluppo continuamente mutevole di simile capolavoro? Sono presenti tutti gli ingredienti stilistici degli altri pezzi, in tre blocchi predominanti: “la voce, il violino, e la sezione fiati”, da notare qui anche il notevole intervento della chitarra di Glickstein che dimostra non poca abilità. Ultimo brano in questione, sono i 15:25 minuti di “Truth”, raccolta di dialoghi strumentali alternati da cornici orchestrali, dove i “nostri” sfoggiano un tasso tecnico-stilistico concesso a pochi musicisti. Tutto scorre alla meraviglia, tutto è pura ispirazione, non ci sono cedimenti, ma nostalgie folk alternate a colpi di scena jazzati molto vitali, episodi collegati fra loro alla meraviglia, narrati con citazioni della tradizione “popolare” americana; il comun denominatore di tutto il disco, è l’America.

The Flock-Tired of Waiting

flock goodman 2Non troviamo in Europa un corrispettivo, se non nei Catapilla o negli If, ma siamo a livelli di gran lunga inferiori. Annoveriamo dunque i Flock, tra i grandi gruppi americani dei ’60s, anche se solo per questa opera. Infatti non si ripeteranno sugli stessi livelli nel successivo “Dinosaur Swamps”, un vero peccato per quanto hanno dimostrato in questo fantastico artefatto. Consiglio a tutti i buon gustai e in particolare ai detrattori del soul e del r&b per attendermi una loro ricreduta. Procuratevene una copia da far ronzare sui vostri giradischi, non rimarrete delusi!

rano 2valutaz. ***** Pierdomenico Scardovi


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