Esecuzione d’Artista: modi creativi (3)

 

“Non chiedere all’arte ciò che vorresti solo di tuo, lei ti farebbe avere sempre anche qualcosa di altri.”
(ranofornace)ranina picciina

scatola 1“E’ giunta a galla al suo approdo – che? La verità.”- Serratura -1977

 

Pierdomenico “ranofornace” Scardovi – Sharp Vibration – 1982 (file originale)

 

Memento Mori

 

Io saprò evaporare
se dimenticare è la ragione
rivendicare al tempo inesorabile
tutti i segreti.
La freschezza della percezione
l’immutabile giovinezza
il dono intuitivo della bellezza
e la forza cieca dell’incoscienza.
Se risalire da quel fondo
la verità vaneggerà
spinta all’estasi dai fievoli venti
già… quelli improvvisi dietro casa
entrati nell’ultima stanza
ad asciugare il meriggio.

Si aprirà la fauce di una luce intensa
squarciare ai piedi il cielo
in essa ogni dono
la vita lo sperpero i sogni
e quel briciolo di follia
imploderanno nello splendore.
Sarà di conforto spero
sentire l’anima svuotarmi
se crede di svelare
ad ogni palpito il suo fuggire.
Così tutto avrà senso
in quell’ultima stanza bianca.
Oh, cara forma di ostinazione!
accompagna il mio gelido pensiero…

Verso la notte
è a te che volgo la mano
ed un battito di ciglia
capisci per Dio?

Tu dici: “è ora di andare
se il giorno non è più lui.”

Sarà l’ultimo
a tessere fucsie perlacee
poggiate al suo segnale
sui fastigi cenerini.

Tu dici: “non sarà difficile
incontrarne un altro.”

Muovere moine
alla sua specchiata fragilità
al levarsi dell’alba
cinguetta capriole.

Tu dici: “quello che mi hai detto
tutto quello che non mi hai detto.”

Andrà a morire
sull’orizzonte scenico
ad ogni sua linea descrittiva
ancora affiora e sfuma.

Tu dici: “ritornerà
e tutto ciò rivedrai come prima.”

L’apparente veste
fissare le sue spoglie
dritta all’illusione
oltre le quinte appoggiate.

Tu dici: “c’è un attimo
c’è dunque un giorno a tutto questo.”

Restituire ad ogni pegno
il morso al suo rivale
la carezza al vento
e l’odore a quella strada.

Pierdomenico “ranofornace” Scardovi 1979

 

nota

L’oggetto occultato è la “chiave” di  un gioco.

“Serratura”, opera concettuale del 1977, è oggetto artistico noumenico. Non è affatto citazione,  bensì nasce dalle mie riflessioni sulla “La Lettera Rubata” di Edgar Allan Poe e in particolare sul riferimento che Marcel Proust fa dell’opera fantastica dello scrittore americano nel romanzo “Sodoma  e Gomorra” della sua “A la Recherche du Temps Perdu”: “quegli oggetti che sfuggono alle perquisizioni più minuziose e che semplicemente sono esposti agli occhi di tutti, passando inosservati, su un caminetto”, qualcosa di così evidente quanto invisibile. E perciò la serratura per metonimia richiede la sua chiave (di lettura). Un pertugio al vaglio di un inconscio che si aggira fuori e dentro, “non è“, rifiuta di svelare, quandanche i segni (e tutti gli oggetti) sono posizionati insolitamente al punto ideale per una sintassi simbolica ma accordati in un rapporto di contiguità spaziale che li rende visibili e invisibili, leggibili e illeggibili al tempo stesso, come “la lettera” dal contenuto segreto sopra ad un caminetto. E come una scatola aperta sopra ad un tavolo da cucina, pronta a svelare  il suo contenuto esteriore conserva la sua parzialità semantica; la forma di un oggetto interpretabile, rimanda al mistero di qualcos’altro. In fondo anche le cose visibili come scatole cinesi mantengono la loro  impenetrabilità metafisica specie se vengono spostate dai loro abituali contesti e abbinate in nuovi rapporti associativi. Una straniazione, quando il rapporto di contiguità con altri oggetti non è prevedibile o meglio una sospensione del significato, sorta di atomo su cui gravitano attorno forze creative (e significanti) in movimento (il surrealismo e la pittura metafisica ne sono testimoni).

Ma com’è possibile trovare una serratura dentro uno scrigno come oggetto di un segreto quand’essa è alla luce del sole? Una serratura che non richiede la sua chiave perché essa stessa è la chiave, un oggetto di un nulla insvelabile. Ciò che rivela invece è la natura della sua paradossale posizione nel contesto simbolico e spaziale (della sua rappresentatività scenica), l’ossimoro vertiginoso della percezione del tutto/nulla. Se esiste una spiegazione a questo, affido allora la mia opera “Serratura”, alle parole de “Il Battello Ebbro” (1871) di Arthur Rimbaud: “Se desidero un’acqua d’Europa, è la pozzanghera nera e fredda in cui, verso il crepuscolo fragrante, un bimbo accoccolato, pieno di tristezza, vara una barchetta fragile come una farfalla di maggio”. “Un’acqua nera” appunto… (il richiamo a “Cubo” è innegabile – link), dove il vivere la fine di un gioco è come “una barchetta che ha concluso la sua corsa dentro un lago, su cui si specchiano tutte le ansie.” (rano 1977). L’acqua nera d’Europa della veggenza rimbaudiana si trasforma in me nello specchio increspato di torbide rifrazioni su cui si adagia la serratura/barchetta. Se esiste un buio, è il mistero al sole di questa scatola aperta e se esiste un sentimento, è il resoconto di un inguaribile pessimismo, che sul piano mio personale era vissuto e si trasformava già da molto tempo prima (positivamente) in manufatti artistici.

Spazialità e dimensionalità come rappresentazione sonora.

“Vibrazione Tagliente” del 1982, il titolo è stato  inglesizzato in “Sharp Vibration”, per il semplice motivo che questo  brano è  accompagnato dall’uso maccheronico del mio incedere canoro, vero e proprio artificio sonoro del flusso d’in-coscienza che produce anche sporadicamente parole inglesi significanti. Questa composizione fulminea e casalinga come tutte le altre, è stata ottenuta da due sovra incisioni delle uniche tre esecuzioni strumentali da me effettuate e mai preparate prima, aiutate effettisticamente solo dal reverbero dell’ampli. Fa parte di una serie di “trascinamenti dimensionali”, ottenuti in piena “estasi psichedelica” (rigorosamente esente da droghe), ma fate conto che io abbia esumato Jimi Hendrix e Syd Barrett e come in un rito necrofago abbia assaggiato il loro cervello purificatosi nell’atto della morte. Metafora a parte, consiste in un processo mentale talmente elaborato in ogni suo particolare che è l’ equivalente della meditazione trascendentale, solo che al posto del nulla/tutto, sono solito vagare nello spazio metafisico della creazione improvvisata in direzione “assurdo”. Pierdomenico Scardovi (chitarre elettriche, basso, batteria, voce).

Se esiste un anima è presa in prestito e va restituita.

La poesia “Memento Mori“, scritta nel 1979, appena dopo  “Fiore 1958” (link) in ricordo dell’amico Stefano Barberini e della sua fretta a rincorrere l’assoluto, si propone di addensare quei pensieri che si protraggono inevitabilmente lungo un arco di tempo sospeso. Tratta  appunto il tema del tempo come elemento fondamentale a trasformare l’esperienza in vissuto. La memoria, come lamelle disposte a pettine su un cilindro rotante appuntito, produce suoni ( per noi echi del vissuto) nel vibrare al loro impiglio. Ma questa volta non è il rullo di un carillon a scorrere ma la vita intera, in cui nascita e morte si saldano su quella linea assente che le religioni chiamano eternità, mentre io la chiamo “tempo inesistente” e più propriamente quella domanda che tutti noi ci facciamo, disattesa da un nulla senza risposta, temo.

Divisa da due momenti fondamentali, un primo costituito da due strofe da quindici versi liberi che si muove nel resoconto preparatorio alla seconda parte; al transfert regressivo con una presunta entità parlante (monolitica) non meglio identificata espressa in  altre sei strofe da quattro versi liberi alternate a cinque mini strofe a due versi liberi, dove l’anafora “Tu dici” è forse un “io” incapace di assoggettarsi al corso del tempo che scorre sulla linea della durata in una direzione inaccettabile, mentre una specie di riflessi o sue diramazioni che non trovano punti di accordo, sono insiti contraddittoriamente nelle strofe. Insomma, è un “Io” nel “Tu dici” che funge da mediazione, prende cioè i sentieri del proprio vissuto che il tempo concede come scappatoia dissolvente, si contrappone a forze di sofferenza molto profonde.

sasso nello stagno“L’Illusione è la verità. L’unica plausibile dell’esistenza stessa.” (ranofornace)

 

 

rano 2

Grazie dell’attenzione

Pierdomenico Scardovi


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