Pozzi di petrolio in Adriatico

 

pozziSaranno la compagnia italiana Eni, l’americana Marathon Oil e la croata governativa Ina, a contendersi lo sfruttamento dei 29 giacimenti di idrocarburi in Adriatico. Il governo croato ha terminato nei giorni scorsi la gara pubblica bandita lo scorso aprile, facendo trapelare che saranno le tre multinazionali a gestire le trivellazioni nel mare affacciato alla laguna e alla costa veneta.

Le tre compagnie hanno vinto la gara per la gestione di 15 dei 29 lotti messi a gara. Per gli altri sarebbero in lizza anche la russa Gazprom, gli anglolandesi di Shell, la francese Total, la Noble Energy, la Turkish Petroleum, l’Hellenic Petroleum, la Jp Nippon e la Petroceltica. La Regione del Veneto è naturalmente contraria e insieme ai consigli regionali di Abruzzo e Molise, ha chiesto al parlamento di modificare la legge che regola le autorizzazioni off shore per lo sfruttamento dell’Adriatico. La partita è particolarmente interessante sotto il profilo economico, strategica per il governo croato, dal 2013 entrato nell’Unione europea. Uno studio della norvegese Spectrum, ha stimato infatti che i 12 mila chilometri quadrati del’Adriatico croato, possa custodire qualcosa come 2,8 miliardi di barili tra petrolio e gas: la Croazia potrebbe estrarre idrocarburi per un valore di trecento milioni di euro l’anno.

petrolioIl presidente di Spectrum, Rune Eng, ha dichiarato: «È ancora troppo presto per parlare delle quantità ma l’Adriatico orientale è senza dubbio molto attraente per le corporations internazionali dato che il mare non è molto profondo, e questo riduce notevolemente il costo delle piattaforme per l’estrazione». Il ministro croato dell’economia, Ivan Vrdoljak, ha aggiunto: «Sembra che la Croazia possa essere uno dei pochi paesi europei che possiedono molte più risorse di gas e petrolio del loro fabbisogno e potrebbe, entro la fine del decennio, trovarsi nella posizione di una piccola Norvegia».

Assolutamente contrario alle trivellazioni croate in Alto Adriatico è il governatore del Veneto Luca Zaia, che teme possano verificarsi incidenti sulle piattaforme con gravissimi danni sull’ecosistema: «Gli studi in nostro possesso sono inequivocabili e li conoscono anche loro: trivellando di fronte alle coste venete si rischierebbe di creare un catastrofico fenomeno di subsidenza. Vogliono mandare a fondo Venezia prima del tempo? Vogliono cancellare 120 chilometri di spiagge che accolgono 32 milioni di turisti l’anno e portano 17 miliardi di fatturato? Devono solo provarci e capiranno una volta in più di che pasta sono fatti i veneti e la loro Regione».

Difficile tuttavia sostenere questa posizione quando l’Italia da decenni sfrutta le proprie coste: nell’Adriatico infatti esistono 107 piattaforme per l’estrazione di idrocarburi, cinquanta solo davanti alla costa tra Emilia Romagna e Veneto. Proprio davanti alle coste di Comacchio è aperta una delle più importanti piattaforme per l’estrazione di petrolio, gestita da Eni e dalla croata Ina: si chiama Ivana. Mentre la piattaforma Ada 2-3-4 per l’estrazione di gas metano, davanti a Chioggia, è attualmente non operante perché ricadente in area soggetta ad accertamento della non sussistenza di rischi apprezzabili di subsidenza sulle coste.

 


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Il Direttore Giuseppe Bartolucci

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