Musica Senza: Marcel Duchamp – quando l’arte iniziò a pensare

“Non preoccuparti se questa o quella è o non è arte,

se è bella o brutta,

ma preoccupati di acquisire da essa.”

ranofornace

 

“L’arte è tutto ciò che gli uomini chiamano arte”

Dino Formaggio

Le considerazioni che andrò ad effettuare non affrontano specificamente il tema delle avanguardie storiche, dei movimenti artistici e delle loro poetiche, come il dadaismo, il surrealismo, ecc., ma evidenziano alcuni punti utili ad illuminare quella che poi è divenuta la “linea analitica” dell’arte che ha portato lungo l’arco della storia del ‘900, alle conseguenze dell’arte contemporanea.

duchamp -bycicle wheeQuando Marcel Duchamp nel 1913 realizzò il suo primo “Ready-Made”, “Bicycle Wheel”, per l’arte figurativa tutto non fu più come prima. L’arte finalmente aveva fatto intravedere la sua possibile distanza dalla realtà del mondo, utilizzando gli stessi elementi costitutivi o annullando la necessità del rapporto referenziale fra opera e rappresentazione. Tutto ciò era stato intuito già dall’impressionismo e dal cubismo formativo ma lo scollamento fra mondo e intermediazione linguistica si era “concretizzato” nella sintesi concettuale del rovesciamento dell’assioma che l’arte è “il mezzo di trasmissione con cui l’uomo percepisce la realtà oggettiva”, in quello che “la realtà oggettiva è un contesto infinito di dati da cui attingere, per costituire un linguaggio autonomo che la oltrepassa”. L’avanguardia Dadaista di cui faceva parte Duchamp, nacque dall’esigenza di un’arte che combattesse l’arte, si apriva così definitivamente l’epoca dell’arte moderna.

duchamp -manifesto dadaL’importanza seminale di questo geniale artista prima ancora del dadaismo, al rinnovamento della filosofia estetica è riconosciuta all’unanimità, mi preme ricordare qui il suo contributo indiretto all’evoluzione della scienza epistemologica strutturalista dei fenomeni linguistici e all’analisi post-strutturalista della semiotica  dell’arte.

duchamp- stieglitz-orinatoioMarcel Duchamp è stato il primo artista concettuale della storia, non per questo che tutti gli altri suoi contemporanei, da Picasso, a Kandinsky, Mondrian, Man Ray, Moholi Nagi, non serbassero in mente l’idea di un’arte che potesse liberarsi definitivamente dalle redini del naturalismo ottocentesco e rivendicare sopratutto il suo statuto di “linguaggio autonomo”.  Premetto che un dipinto ovunque lo si collochi, la sua “funzione artistica” rimane invariata; l’opera esaurisce la propria forza all’interno dello “spazio significante” a lei concesso. Ma quando un oggetto di uso comune, derivante dalla progettualità industriale, viene dislocato dal suo abituale contesto e  di conseguenza “ripulito” dalle sue denotazioni primarie, è pronto ad assolvere un nuovo compito, quello di entrare nei panni prestigiosi di “oggetto estetico” nonché “artistico” con tutte le proprie connotazioni formali ed è la funzione che svolge sullo sgabello, “Bycicle Wheel”. Non a caso la prima scelta di Duchamp cadde sulla “ruota di bicicletta” in un primo momento sembra che l’irriverenza e la provocazione simbolica della poetica dadaista esaurisca subito la sua ragione (l’invenzione della ruota come una tappa fondamentale del progresso umano, si mette poi al servizio dell’arte). Ma ancora di meno è bastato a “Fontaine”, disarmato della sua funzione primitiva, venne ricollocato nella sala di una galleria d’arte o di un museo. L’“Orinatoio” del 1917, l’opera simbolo dell’arte moderna del XX secolo, firmato con lo pseudonimo “R. Mutt” e immortalato in questa foto da Alfred Stieglitz, dopo essere stato collocato sull’altare profano di un semplice piedistallo, ha sprigionato in modo inequivocabile tutta la sua forza dirompente e “significante”: il codice era stato infranto ed un nuovo sistema codificante apriva gli occhi al mondo. L’arte allargava le sue frontiere e arricchiva la coscienza dell’uomo. L’Orinatoio di Duchamp è considerato dagli storici e dai teorici l’opera più importante nell’evoluzione artistica del ‘900 ed anch’io ne sono convinto.

Marcel_Duchamp_Mona_Lisa_LHOOQ“L’oggetto” del mondo finalmente diventava lo “schiavo sublime” dell’arte, della sua idea, dell’astrazione, che investirà l’arte stessa per sempre. Poi se noi vogliamo ornare la nostra casa con qualcos’altro, siamo liberissimi di farlo, ma ripeto, l’importanza strategica di questa operazione, il grande divario fra la funzione “primaria/plebea” e la sacralizzazione della funzione “secondaria/nobile” (o quella inversa della dissacrazione della funzione primaria /nobile in Mona Lisa L.H.O.O.Q.”), per le sue chiare denotazioni e il suo “spostamento e condensazione” nello spazio museale, costituisce l’operazione più rivoluzionaria che l’arte del secolo scorso abbia compiuto. Signori, quest’azione equivale (se non supera) alla “prima impronta di Neil Armstrong  sul suolo lunare” (che tra l’altro molti artisti informali e concettuali avrebbero voluto mettere loro), per il semplice motivo che ha indicato la strada maestra alla ricerca artistica (e molto altro) con le sue odierne conseguenze. L”‘opera” di Duchamp supera i limiti oggettivi della realtà visibile per aprire i confini all’immaginazione artistica, adotta gli stessi meccanismi dell’attività onirica così bene teorizzati da Sigmund Freud, ma non solo, anche quelli della linguistica, della “langue” in F. de Saussure o del “codice” per R. Jakobson.

marcel duchamp-pseudonimo, Rrose Sélavy-foto di man raySi potrebbe asserire  come disse a riguardo della fotografia Walter Benjamin nel 1936, che in questo modo siamo di fronte all”‘Opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”, non precisamente ma qualcosa di simile, in quanto la riproducibilità dell’oggetto con valenza estetica in sé per sé, non garantisce a pieno l’azione artistica e storica anche se il nulla osta firmato del suo autore poterebbe legittimarla. Sarebbe come dire che le repliche dell’Apollo 11, avessero la stessa connotazione dell’originale. Ma nel caso del primo ‘”Orinatoio” che andò perso, Duchamp rimediò firmando sedici repliche. Quello che conta però come detto sopra, la vera questione è la forza del suo messaggio che resiste al tempo e si ricollega a quella parte dell’arte concettuale che necessita dell’oggetto in sé, non solo della documentazione fotografica. Nella foto accanto è ritratto Marcel Duchamp con lo pseudonimo “Rrose Selavy” fotografato da Man Ray.

Marcel Duchamp prese parte al movimento dadaista alcuni  anni dopo della sua fondazione zurighese avvenuta nel 1916. L’esperienza dada tentata in America assieme a Man Ray, Francis Picabia e Alfred Stieglitz non ebbe seguito, dovuta molto probabilmente alle resistenze conservatoristiche del precisionismo americano. Al ritorno in Europa nell’avanguardia dadaista, il suo apporto creativo aprì la strada alle nuove idee suffragate dalle scoperte di Sigmund Freud, espresse nel “primo manifesto surrealista” di André Breton del 1924.

rano 2 Pierdomenico Scardovi

 


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