Musica Senza: “Non sento poesia”

 

“… O stagioni, o castelli!

*   *   *

Tutto ciò è passato. Io so, oggi, salutare la bellezza.”

Arthur Rimbaud

 

Residents-Epilogue

senza 2014(Holocausta) “Senza” 2014

 

 

Non sento poesia

 

Parola

crogiolo

lascia presagire

maglie

 

Ranofornace 1983

 

Nota

Cos’è la poesia?
Senza ombra di dubbio non è il terreno del kitsch, ovvero, non è un prodotto dall’effetto confezionato.
La poesia vera è un “artifizio letterario” che sovrasta l’uomo, essa nega le proprie caratteristiche interne di cui non tiene conto, sembra un paradosso, ma quando “furbescamente” sfrutta la “verità” nello scioglimento sentimentale dell’animo umano, allora tradisce se stessa, la sua natura più intima: “l’incomprensibile sensazione della totalità del senso”, fatta anche d’incompiutezza o di ambiguità semantica.

“Non sento poesia” è un “design poetico” che preannuncia la fine di quei riscaldamenti interiori operati dalle convenzioni che hanno illuso lungo l’arco della storia, più che i poeti, i lettori. Ma è  ancora una volta l’interiorità, diretta dalla ragione a “parlare” e l’assenza di quel punto (.) che la fine prevedeva, testimonia forse, nuovi possibili scenari per l’autore. Questa riflessione ha rappresentato per me l’approdo alla “consapevolezza” sul ruolo “artistico” del poeta, dopodiché nulla è stato più come prima.

“Senza” della serie degli (Holocausta), rigorosamente in nero combusto, è documentazione di una mia opera post-concettuale sul recupero dell’inutile. Una diversificazione del: (1) “Ready Made” di Marcel Duchamp, (2) della “Merda d’Artista” di Piero Manzoni, dei “recuperi pop” di Robert Rauschenberg, bensì una rifunzionalità estetica dell’oggetto estraniato, che (1): non può essere “restituito” alla sua funzione originaria; (2): non è una metonimia denotativa, ma è una omissione/alterazione “ellittica” della sua funzione primaria; (3): non è stato “usato/consumato” in origine, bensì in questo caso, la “creazione artistica” si serve della “ineluttabilità progettuale” e della “distruzione funzionale” come condizione necessaria per la sua legittimazione. L’arte intravede oramai il suo crepuscolo, o la necessità di una sua ridefinizione, (magari rinascendo dalle “ceneri”) oggi la questione è ancora aperta.

“Terminato il banchetto, la frutta rilascia ancora i suoi profumi…”

rano 2Pierdomenico Scardovi


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