L’editoriale: Anatomia di Bellaria Igea Marina

 

cesenatico 13Ho cercato in più occasioni di chiamare questo posto “città”, nella speranza di trasmettere un messaggio, quello di una crescita socioculturale.
Credevo ingenuamente, che entrati negli anni 2000, fosse giunta la consapevolezza, che rimanere un paesino sarebbe stato moralmente inaccettabile per le potenzialità che qui abbiamo, e anche la consapevolezza della necessità di crescita, la stagnazione infatti, significa regredire.

La nostra stagnazione, è iniziata alla fine degli anni ‘70, per poi esplodere alla caduta del muro di Berlino, cosa centra, vi chiederete? Centra, poiché allora il mondo si scoprì globalizzato, aprendosi ad un’altra era, nuove libertà, nuovi mercati, nuove possibilità e ci fu, per un periodo, una certa euforia, mentre qui, pian piano, le cose incominciavano a fermarsi e quella che era una piccola isola felice, iniziò a disgregarsi. Quel piccolo mondo antico, si era fermato, fino ad allora tutto il paese viveva di turismo e ci viveva anche bene, ognuno ci traeva la sua piccola o grande ricchezza, era possibile farsi una casa, comprarsi una macchina.

D’accordo, i tempi sono cambiati e c’è la crisi, ma questo non giustifica il mancato cambio di passo da oltre 30 anni e certamente i piccoli lavori di maquillage, non hanno cambiato la sostanza del paese, da che io abbia memoria, non ricordo che si sia riusciti ad attirare investimenti di alcun genere, nessuna nuova finanza è mai entrata qui e gli stessi operatori alberghieri, in tempi passati, si vantavano di essere riusciti a bloccare alcune iniziative.

E così, siamo rimasti alla mono economia: Il turismo! Se andiamo a vedere nei dintorni, ogni singolo paese o città, nel proprio tessuto economico, ha delle attività produttive (non di servizio o di commercio, si badi bene), presenti in buon numero e anche gli stessi investimenti pubblici sono stati ben più numerosi e importanti! È vero, siamo stati i primi con L’isola dei platani, ma quello doveva essere solo l’inizio, invece ci siamo fermati lì. Non avendo nessuna economia alternativa al turismo, che possa compensare sue eventuali crisi , viviamo 8 mesi all’anno nel nulla assoluto, nella speranza che la prossima stagione dia qualcosa di più, in tempo di vacche magre come quest’ultima stagione, le conseguenze poi ricadono a cascata su tutte le altre attività, questo non comporta solo mancati introiti, ma anche meno posti di lavoro, con gente che pur di sbarcare il lunario, mette in vendita di tutto,- un caso particolare, una ragazza che ha messo in vendita 5 sacchetti per il folletto per 5 euro -.

Questa mono economia, oggi non riesce più a supportare tutto il paese, anzi, restano ormai soltanto gli alberghi e gli stabilimenti balneari, a trarre ancora un risicato utile, tutti gli altri a malapena sopravvivono, molti dando fondo agli ultimi, sudati risparmi, altri potendo ancora usufruire di un sempre meno disponibile credito bancario. Vi è in atto una vera guerra per la sopravivenza tra le categorie.
La manovalanza del turismo, nella maggioranza, non solo non è più del posto, ma nemmeno più italiana, quanti nostri compaesani non sono riusciti a trovare un’occupazione, pur avendone necessità, sostituiti da manodopera dell’est?
Basta recarsi ai patronati ed ascoltare le lingue che parlano coloro che chiedono assistenza sindacale, per rendersi conto di quanto si sia allargata l’offerta di lavoro per gli stranieri a discapito dei locali.
Probabilmente il fenomeno è incentivato dalla possibilità di corrispondere salari più modesti, per contro va inesorabilmente ad impattare sul potere di acquisto e sul gettito contributivo dei residenti.

Anche la scelta di non volere l’Ipermercato sul nostro territorio, è stata una decisione scellerata, averlo al nostro confine, ci arreca solo tutti gli svantaggi e nessun utile! Cecità? Presunzione? Gravi carenze nelle capacità di strategia economica? Probabilmente a Savignano, si offrono servizi migliori ai cittadini grazie ai nostri acquisti che, ogni giorno, fanno fluire denaro nelle casse dell’Iper! Questo, diminuisce sempre più la ricchezza che siamo in grado di produrre.

Dunque cosa rimane di questo paese? Cosa ci distingue dalle altre realtà? Non abbiamo un vero teatro, non esiste un anfiteatro dove fare manifestazioni di un certo livello, quelle che facciamo sono di basso livello (a Cattolica sono riusciti a portare Sting, con il pubblico pagante…) Lo stadio ha quasi 50 anni, La darsena è stata solo un sogno (siamo l’unico comune della costa romagnola che non ha la darsena), abbiamo sulle nostre spiagge ancora le cabine degli anni 60′, il piano spiaggia non è mai stato partorito, non sono certo le feste sul porto che ci rendono famosi, l’unica manifestazione di un certo interesse, è il Bellaria Film Festival, ma dura una settimana, che io sappia un anno è fatto di 365 giorni!!! Per il resto è un paese morto, sembra che il succitato muro di Berlino sia stato spostato qua, un muro che impedisce di vedere cosa succede nel mondo, un muro che fa entrare solo turisti ed ormai di bassa lega, ci si consola tra noi dicendo che Bellaria è il numero uno del turismo, dicendo: “Che bella la festa ieri sul porto!..” Poi vai a vedere e i presenti, in maggioranza, sono tutti del posto, non solo, ma molti,  parenti o amici degli organizzatori, in pratica si son fatti la festa per loro! Insomma, siamo in un circuito chiuso che s’illude autostimandosi, con un ottuso narcisismo campanilista, ma la realtà è ben diversa e ben altra cosa.

Una città, per essere considerata tale, non si valuta dal numero degli abitanti, ma dai suoi abitanti, per coesione, apertura mentale, cultura, per capacità di guardare oltre i propri confini, qui in sette chilometri di costa ci si distingue tra: zona colonie, Igea centro, Igea di là, zona porto, centro, Cagnona, Bordonchio, Bellaria monte, borgata vecchia, e più o meno, ci si guarda in cagnesco.

Negli anni d’oro è arrivato il denaro, cui non è seguita la pur minima crescita culturale e sociale, purtroppo, niente ci distingue da altre realtà, siamo una non realtà, non c’è la minima identità. Perfino i Belligeani, che hanno avuto successo fuori del paese, sono per non dire osteggiati, ignorati, mai il “nemo profeta in patria” è stato più vero!

Alle felici intuizioni degli anni ’50/’60, che ci hanno trasformato da paese di contadini e pescatori a paese turistico, non è poi seguita la maturazione imprenditoriale/intellettuale, che tutt’oggi ancora manca. Nel passato ci hanno aiutato la sempre ottima accoglienza che offriamo, il buon cibo, la simpatia tutta romagnola, ma già da molto tempo questi non sono che accessori, non bastano più, le nuove generazioni non hanno portato nulla di nuovo, accodandosi al vecchio e stantio modello ormai superato.

“Così mi sono trasferito a Manaus, il cittadone nel cuore dell’Amazzonia. Dove, tra l’altro, fattore non secondario, i charter degli italiani più volgari del mondo faticavano ancora ad atterrare, mentre Natal, invece, ma stava già diventando una succursale di Castelvolturno e di Bellaria Igea Marina.”.

Questa frase tratta dal libro di Paolo Sorrentino “ Hanno tutti ragione” ed. Feltrinelli ci fa capire da dove siamo partiti e dove siamo arrivati, è la storia di un personaggio inventato ed è sintomatico che un autore come Sorrentino riesca a metterci dentro Bellaria Igea Marina come luogo di vacanzieri di basso livello, dai fasti degli anni ’60/’70 a cenerentola di un turismo di gruppi e pensionati.

Colpa dei tempi che sono cambiati? Dell’attuale crisi? Della concorrenza? Forse! Ma questi fattori riguardano tutte le località turistiche della nostra riviera, tanto per rimanere in una realtà a noi vicina. Ma, al contrario dei nostri vicini, noi non ci siamo saputi distinguere, se citiamo Cesenatico subito pensiamo a Leonardo da Vinci, al porto da lui progettato, Rimini: Fellini il Grand Hotel, Riccione: La perla dell’Adriatico, Misano con Portoverde e il circuito, Milano Marittima Oasi di verde, Bellaria ……………………. ?

Sarà forse per questo che diverse cartine turistiche non ne riportano neppure il nome, saltando da Cesenatico, direttamente a Rimini?

Dei tanti temi che abbiamo da risolvere, nessuno è stato mai affrontato sul serio: lo sviluppo della zona colonie dal potenziale enorme (da sempre osteggiato dagli albergatori di Igea), alla darsena (anche questa non gradita agli stessi albergatori, anche se nessuno lo vuole ammettere), la stessa riqualificazione degli alberghi è partita in ritardo e marcia lentamente, L’asse portuale, che dovrebbe essere il centro del paese e qualificarci, è abbandonato a se stesso, nessuna idea di cosa fare con la colonia Roma, se non quella di uno scambio edilizio a scopo speculativo, ecc. ecc.

Nessuna idea, nessun fermento, solo politiche clientelari e di piccolo cabotaggio. Ma dove vogliamo andare?!!! Le amministrazioni degli ultimi 30 anni, compresa l’ultima, sono state un disastro, ci hanno portato ad essere un paese alluvionato, dovremmo chiedere lo stato di calamità innaturale per manifesta incapacità amministrativa.

Pensate si sia descritto un quadro desolante per pessimismo disfattista? Provate ad uscire dai vostri gusci ed allungate lo sguardo, fate alzare la nebbia che vi nasconde l’orizzonte, al di là di quella nebbia, c’è ben altro.


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Il Direttore Giuseppe Bartolucci

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