“Sembrare, apparire fra le cose dei sogni per essere…
Mu-Calling From A Star
Nuvola parzialmente sommersa 1987
Sembiante
Parole saranno uniche
Scorrere fra i venti degli Alisei
Nei freddi voli primaverili
Tagliare un cielo di sguardi
Riccioli ippocampi
Oltre l’indaco dei tuoi sogni.
Parole saranno sole
Ondeggiare tra le alghe
Lungo i flutti delle correnti
Il mio nome spargerà
Di salmastre spore
I torbidi legni delle maree.
Parole saranno alcune
Seguire il loro corso
Indicibili miraggi
Fra scogliere argentee
Sbattere di schiuma
L’isola dai fiori di smeraldo.
Parole saranno ultime
Per non attendere l’aurora
Accarezzare granelli d’aria
Sulla bava della spiaggia corallina
Come piume fra le dita
Volare via.
Pierdomenico “ranofornace” Scardovi 1978
Mu- You And I
nota:
…preso per mano e portato via…
Smaterializzarsi è sempre stato il grande sogno dei poeti. “Della vaporizzazione e della centralizzazione dell’io, tutto è in questo…”, in fondo Charles Baudelaire più di cento anni or sono, dall’alto del suo immane genio aveva dato una magnifica quanto illuminante definizione della poesia e dell’arte tutta, (se non della natura umana).
La poesia “Sembiante”, scritta da me nel 1978 a 24 anni, fa parte di una raccolta di composizioni segnate dalla spinta visionaria della psichedelia, la più importante inclinazione stilistica della mia vita. La psichedelia non abbraccia solo la musica, ma è una dimensione dello spirito che si esplica nei confronti di tutte le arti. Non occorre però assumere necessariamente sostanze stupefacenti per alterare lo stato di coscienza, questa, è una lenta conquista dell’uomo interessato a percorrere strade insolite nella profusione dei sensi. La mia visionarietà ha una lunga storia, parte dalla “naturalità puerile” di William Blake, per passare al mondo rovesciato della “veggenza” rimbaudiana. Quattro strofe da sei versi liberi per esprimere la mia libertà e il mio destino d’artista, è opera altamente visionaria nell’espansione sensoriale visiva, olfattiva e tattile, regolamentata da una metrica e un ritmo tutto personale, per una forma complessiva fluttuante e armonica.
Nel nostro caso, il “sembiante di Jacques Lacan” si oppone al reale e per noi, la poesia stessa si sostituisce ad esso, una sorta di maschera rivelatrice, più della stessa “verità”, che ha bisogno prima di tutto di essere definita nelle sue strutture analitiche. Ma noi qui vogliamo sognare, rendere la percezione della realtà qualcosa di straniante e degna di essere vissuta e forse, più lontana dai “luoghi comuni” ed è in questo “qualcosa” che sta il nodo della questione. Non so se stiamo parlando di un “Io”, di un “inconscio”, del loro vissuto o che altro…, ma sicuramente di un “nulla” che è il fondamento dell’essere (senza tempo), dove “noi giriamo attorno (con le parole , ma anche con la ragione) per non venire definitivamente “risucchiati”. Questo è l’azzardo, più il poeta si avvicina al punto nevralgico, corre il rischio di non essere più, poeta (se non artista) e costretto ad affidarsi alla teologia.
I “luoghi” anche quelli comuni, sono essi stessi delle metafore o delle metonimie (per la loro contiguità), contenenti e contenuti. L’anima, lo spirito, l’inconscio, la natura, la vita, la morte, l’al di là, tutti tentativi di definire il percepibile nello scorrere del tempo all’interno di una “toponomastica dell’essere”. L'”essere”, per il poeta si confonde e si scioglie nelle cose del mondo, non c’è altra scelta che “essere” vento, cielo, mare, fuoco, terra, pioggia e sangue e tutte le parole con tutte le loro infinite “selezioni verticali” e “combinazioni orizzontali”, sorreggono i sensi e la ragione dell’uomo, “centralizzando-lo” per quanto possibile in una rinascita, fino ai limiti semantici del linguaggio poetico. Invece, “quella tipologia di uomo dominato esclusivamente dai propri sentimenti, dalle proprie emozioni è poca cosa, illuso com’è, erra a pensare che la propria soggettività, il proprio sentire e la propria intelligenza siano così importanti, più importanti, più di quelle di ogni altro suo simile…” L’intelligenza umana passa prima di tutto per le strade del pensiero intuitivo e del linguaggio, del suo primo “artifizio trascendente”. Ma ricordiamoci che il linguaggio strutturato in “simboli codificabili” modifica il pensiero.
L’opera pittorica “Nuvola parzialmente sommersa” del 1987, fa parte di quel processo di sintesi formale e del colore, intrapreso da me qualche anno prima, che mi portò nel tempo ad abbandonare sempre più ogni connotazione allusiva, per arrivare ad “essere” solo se stessa: la “pittura”, appunto!
…dalla stessa sostanza delle nuvole.” (rano)
Dedico questo mio lavoro editoriale a Serena, ai suoi ascolti.. Mio angelo!
Pierdomenico Scardovi
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