Groundhogs: Split

dome punta di palata 1 014“Molte sono le attitudini al rock

e molte al blues,

ma quando queste si racchiudono in una sola

allora siamo di fronte allo stato dell’arte,

questo stato si chiama Groundhogs!”

ranofornace

Groundhogs-Split part.1

groundh 1 bian c nero groundh bartoI Groundhogs sono stati la forma dell’hard rock-blues più concettualmente evoluta degli anni ’70, in assoluto.

Si perché scale e struttura base sono il punto di partenza di una ricerca strutturale innovativa, che fa sbalzare in avanti di “secoli” quel sentimento blues dei “padri costituenti”, impregnandolo nelle fredde e arcigne architetture del suo chitarrista, il più classicamente moderno che abbia mai calcato le scene inglesi: Tony McPhee.

ground mcphee 1Si dice quando il blues è tutt’altro che noia! Originalità e creatività. Il loro sound  trascende  le prerogative dei generi menzionati, anzi li esalta alla massima potenza espressiva, grazie alle doti intuitive e tecniche del suo leader: lo strepitoso chitarrista Tony McPhee, uno dei primi cinque chitarristi hard-blues della storia nella mia personale classifica. Il gruppo nacque nel lontano 1962 e prese il nome dal titolo di un classico di John Lee Hooker, “Ground Hog Blues”. Il genere fu dettato dal suo talentuoso chitarrista, esegeta del blues del delta che portò il trio formato assieme a Pete Cruickshank (basso) e Ken Pustelnik (batteria), a compiere il passo più intraprendente che il genere abbia mai compiuto in Inghilterra, nella seconda metà degli anni ’60. Debuttarono nel 1968 con “Scratching The Surface”, un album ruspante molto scarno e sanguigno, in cui si avverte “l’anima dei padri” riaffiorare, ma gli arrangiamenti sono subito una novità, il “power-trio” si pone di forza ai vertici per originalità ed efficacia. “Blues Obituary” è il loro secondo album del 1969, 7 tracce più raffinate delle precedenti, con uno scatto  superiore di potenziometro dell’ampli e la chitarra di  un “metallo erogeno” che mostra a tratti grinta o fluida elasticità slide, su direttive di un blues dimensionale e influenzato dalla psichedelia dilagante. Porta al terzo lavoro del 1970, “Tank Christ For The Bomb”, opera notevole di rock-blues psichedelico dalle evoluzioni sonore limpidissime, dove la base del genere diventa punto di partenza per densità metalliche piacevolissime e di tecnica chitarristica che mostra le prime vaneggianti impennate del suo leader. Questo disco mostra un grado di elaborazione musicale che eguaglia o si avvicina di molto al loro prossimo Lp del 1971, per il sottoscritto il loro capolavoro, “Split”. Se “Blues Obituary…” è succo di piacevolezza, “Split” è super fragranza di psichedelia hard stordiva.

Groundhogs-Split part.3

groundh bianc nero 3“Split” parte con la prima omonima traccia “Split part.1”, un riff semplice porta al canto scarno e spigoloso di McPhee, che apre a un’apoteosi di deliri chitarristici psichedelici ben supportati dalla straziante ritmica percussiva. In “Split part.2” , il wha-wha ferroso e onomatopeico di coperchi volge in’arpeggi per mutare in frasi continue e differenti, in cui si avverte l’eclettismo del suo chitarrista. Ma quando si entra in “Split part.3”, siamo dinanzi al brano clou del disco, un essemblaggio articolato di frasi ed episodi hard-psych, nostalgici e intensivi dal tiro irresistibile. “Split part.3” rappresenta il prototipo del brano hard-rock complicato e fascinoso, l’inserimento di un organo al leslie, l’arpeggio cantato , stacchi di batteria su piacevoli laminate chitarristiche, arricchite da graffianti folate di plettro slide, effettato. “Split part.3”, è il mio brano di rock-psych evolutivo che uso nel mio studio per testare le reazioni dei miei ospiti  musicofili rock. “Split part.4”, continua sulla stessa linea dura e  spigolosa dei precedenti pezzi, chitarra non troppo distorta e wha-wha, che tentano di divincolarsi da ogni forma precostituita, ma si riducono solo ad un  gioco noise mimetizzante.

groundh bianc nero 4La seconda facciata apre al secondo capolavoro dell’album, “Cherry Red”, ritmica palesemente hendrixiana incalzante, battuta a rullate, canto “Experience” a falsetto, pennate tuonanti e inserimenti di lampi sonori lancinanti. Mentre l’arpeggio lento e pulito a cadenze di “A Year In The Life”, ammorbidisce la visione, sul canto non troppo ortodosso di McPhee, scandito da pilastri d’accordi distorti. La marcetta sinistra del capolavoro “Junkman”, fa parte del corredo successivo, fantasmi d’abominevoli mostri industriali, sbrigliati dal genio Hendrix e messi in circolo dallla chitarra studiata di McPhee, ci divorano fra le fauci digestive di incubi lisergici. “Groundhog” è il tributo al brano di John Lee Hooker “Ground Hog Blues, un riproponimento rinforzato del sentimento del “delta”, che rivela quanto bene avesse assimilato la lezione, il nostro fantastico chitarrista, un pezzo scarno di immensa portata,  suonato e cantato alla “maniera nera”, chiude a slide.

ground bianc nero 5Il trio dei Groundhogs, rientrano inizialmente come tanti in quel fenomeno storico che fu il “Blues Revival”, diedero dimostrazione di come la creatività fosse capace di trascendere le origini e le premesse, con qualità innovativa. Tony McPhee, Pete Cruickshank  e Ken Pustelnik, sopratutto in”Split” diedero forma a d un vero e proprio stile, mai più esplicato in questo livello. Lo stile oggi è individuabile a “occhi chiusi”,  stile prima d tutto chitarristico, molto tecnico e creativo, quale appartiene a Tony McPhee, che ancora oggi calca le scene di mezzo mondo. Questo disco non dovrebbe mancare  sugli scaffali di ogni vero cultore di rano 2musica rock, parola di…

 

Groundhogs-Cherry Red

 

valutaz.**** Scardovi Pierdomenico


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