MUSICA SENZA: “Sasso malinconico” – in onore a “Passatopresente” e alla cultura dei sassi

“Sono stufo di questa illusione…

ho bisogno di toccare.”  ranofornace

sasso malinconico 1972 42X23 olio su legno

Sasso Malinconico 1972

 

Sasso malinconico

 

In questo deserto ho trovato

Un sasso malinconico

E l’ho gettato

Nei miraggi dello stagno

Come un’ombra senza corpo

Ha protratto le sue unghie

E un boato all’orizzonte

Si è rinchiuso

Inghiottito da granelli d’aria.

Sasso malinconico

Con un segno di passaggio

Senza un’impronta della storia

Con un graffio sfumato

Sopra il davanzale di una finestra di casa.

Sasso da cui spuntano le piume.

 

-1976- Pierdomenico Scardovi

 

nota – I linguaggi (idiomatici e artistici) sono stati da sempre “croce e delizia” del genere umano, per i letterati, per gli artisti, ma anche per il potere. Ed allora, perchè no, “anche i sassi pensano… e parlano”. Il dipinto e la poesia “Sasso malinconico”, sono un tributo alla cultura rivalutativa del ” trascurato e del marginale” e contro i luoghi comuni, trattano di un elemento naturale (un sasso) come di una “vita” in trasformazione, dove si può notare nella visualizzazione pittorica l’interno del sasso (costituito da “altro”) e un sempre più netto rifiuto della profondità ottica nella visione dello spazio.  Ho già avuto modo di accennare che la materia, essa stessa, è si autoreferenziale, ma anche “portatrice di pensiero”, prima di tutto  attraverso l’atto creativo della natura che ha deciso di esistere anziché no (…), inglobando nella sua peculiarità la capacità di “evolversi in qualcos’altro” fino alle “massime conseguenze” (l’uomo) e come il significante rimanda al significato in un rapporto necessario strettissimo, in questo caso fondamentale, “spirito e materia”, che da secoli sono oggetto di speculazioni filosofiche, rimangono due entità costitutive dell'”esistente” e per l’arte, è il nocciolo della “questione metafisica” del messaggio artistico. Ricordiamo inoltre che la materia decontestualizzata, combinata o modificata, usufruisce inevitabilmente della “funzione veicolante del pensiero umano”. Ed anche,  il rapporto fra titolo e opera, opera e collocazione ambientale, è e rimarrà inscindibile per la sua stessa identità e “sopravvivenza artistica”.

L’opera di Luigi Poiaghi, “Passatopresente”, (qui) (qui) dove l’artista con tutto se stesso aveva investito i sassi, (“le cose” più banali di questo mondo), di significati e valori di così nobile profilo, ma anche “responsabilità linguistiche”, collocandoli nel contesto istituzionale di una comunità, che attraverso i suoi “rappresentanti” gli avevano dato in mano il testimone di un referente concettuale di così grande importanza. Il loro improvviso “dequalificante allontanamento” dall'”altare mistico” sotto il  cielo di Bellaria Igea Marina, li disgiungono irreversibilmente dal ruolo privilegiato di “inglobare Altro” (a parte un improbabile ripensamento di ricostruire l’opera). Ma la primigenia esistenza non ha impedito ugualmente di rivendicare nella coscienza di molti, la loro “onorevole” funzione artistica.

Quello che è venuto a mancare nel caso di  “Passatopresente” è il suo referente, dovuto ad un vero e proprio atto di “esproprio del diritto a trattenerlo fra le sue maglie” con la conseguente non legittimazione istituzionale del significante, (unico vero innocente di questa vicenda). Il referente (Monumento ai Caduti) che dalla questione morale (se così fosse non sarebbe motivabile), è passato a “oggetto speculativo” di un caso politico.

L’uso della semplice distinzione “bello / brutto”,  non è eticamente motivabile a decidere la sua eliminazione, se pur questa è avvenuta, essa va oltre e investe ragioni molto più profonde, se bello e brutto fossero state le sole categorie al mondo ad essere impiegate come metro di misura dell’esistenza delle cose, garantisco che ci troveremmo ora tutti in un “deserto fra miraggi d’ombra”. Ho il solo rammarico di non aver mai espresso in tempi utili, la mia approvazione e denuncia di abbandono per i “Sassi di Poiaghi” al cospetto dei potenti. E come si sa, quando paradossalmente all’ultimo atto l’oppressore sordo da fuori non riesce a “chiudere la bocca” agli “eroi in gabbia”, li elimina vilmente. Mai più d’ora vale il detto: “Quando il sole tramonta l’asino si impunta”.

rano 2 Onore e merito a “passatopresente”.      Pierdomenico Scardovi


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