Musica Senza: “Fiore 1958” – In ricordo di Stefano “Teto” Barberini

31/12/2014

Oggi ricorre l’anniversario della scomparsa di un caro amico.

Lascia che queste note…

Tudor Lodge-Madelin*

dome immagine rovesciata

 

Fiore 1958

 

Tuo

Azzurro

Fra le dita

Erano attimi

Se debba svanire

Il materno dono

 

Ricordalo di passaggio

Comunque vadano

Le cose

Ricordalo

Se gettarlo

O passa silenzioso

 

Pierdomenico Scardovi 1979

 

nota

Sono stato molto combattuto negli anni se rendere pubblico o no questo piccolo stralcio d’intimità. La poesia “Fiore 1958”, tratta dalla mia raccolta personale intitolata “Poesie di surrealtà”, l’ho scritta nel 1979 a 25 anni in memoria dell’inconsolato amico Stefano “Teto” Barberini (11-03-1954 / 31-12-1977). Composta due anni dopo il triste epilogo della sua breve vita e scaturita da un ricordo del nostro primo incontro avvenuto nel 1958, di noi due bambini a 4 anni, in un mattino di sole in primavera, chinati a raccogliere fiori sul prato dell’asilo delle suore missionarie del Sacro Cuore di Bellaria, dove in silenzio fra il cinguettio degli uccellini ne colsi uno (Occhio della Madonna**) e glielo donai. Non ci conoscevamo, non ci eravamo mai detti una parola. Quel gesto rappresentò per me l’inizio della nostra amicizia, il primo vero grande atto di dono incondizionato della mia vita, che non ho mai dimenticato.

L’atto poetico invece,  impone la necessità di attendere (più o meno) ad ogni verso, la condensazione della “parola assente” o “arbitraria”, che opera sull’immaginazione la sua funzione evocativa (uno spostamento di valore significante). La temporalità della parola presente o assente che sia e il suo interscambio con le altre presenti o assenti, esula dalla temporalità dell’immagine che per sua natura vive di un “altro tempo”.

E quella parola “inesistente” o “per i fatti suoi” genera l’effetto, l’essenza stessa della poesia, un “luogo” misterioso dello “spirito”, di non facile accesso che appartiene ad ognuno di noi. Quindi il referente è Stefano ed anche la poesia stessa con le sue molteplici letture; il valore del dono, la sua contraddittoria ricerca, si potrebbe dire accennando: “vedere te (per) vedere me.” Una “formula matematica” dell’inconscio (a volte viene ovvio cercare spiegazioni) e cioè, in quel “per” si forma il “tramite” della sua in-sofferenza, come una specularità di questi due “estremi” che si sovrappongono, di cui il “te” non è identificabile con certezza. In questo “specchio di Alice”, potrebbe stare il “nocciolo” dell’equazione, che forse Stefano ha avuto machiavellicamente in testa e ha condizionato le sue scelte fino all’ultima, ma ora non intendo andar oltre nelle mie supposizioni.

Chi ha conosciuto Stefano, forse troverà  nelle parole, nei segni pretestuali di questa poesia, brandelli scatenanti di una vicenda esistenziale basata sull’ambiguità del tempo e dell’azione che si addensano nella memoria, unitamente a sentimenti ed emozioni puramente personali, ciò dovrebbe valere per il lettore, sicuramente per l’autore.

**Plinio il Vecchio diceva che il fiore “Occhio della Madonna” era considerato un simbolo di salvezza dal dolore e da ciò che potesse incupire la vita.

*Dedico il brano “Madelin” dei “Tudor Lodge” a Stefano.

Stefano dome suonanoNella foto sopra, il sottoscritto a 25 anni; mentre a destra, sempre io assieme a Stefano al Teatro Smeraldo di Bellaria nel 1970.

 

 

 

 

 

ASILO-300x300

Asilo “Villa Gioia” missionarie del Sacro Cuore di Bellaria

 

 

 

 

 

StefanoLa foto da me scattata sulla foto di Stefano della sua lapide, presenta con mio stupore una serie di riflessi a lato del volto, vi invito ad osservarli, uno in special modo proprio sopra la parte gialla, che lascio a voi interpretare (premetto che dietro di me c’erano solo alberi e non credo che si tratti di un effetto di Orb).

… scorrano via come tutto, in fin dei conti.” (rano)

Grazie dell’attenzione.

Pierdomenico Scardovi

rano 2

 

 

 

 

 

 

 

 


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