Tomorrow: Tomorrow

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Tomorrow-My White Bicycle

Non usate lo specchio per comprendere, lasciate ogni contrario al proprio flusso…

tomorrow band a colori 2tomorrow band 3tomorrow band 1tomorrow band a colori 2 tomorrow grandeCosì come  l’autoreverse di “My White Bicycle” ci introduce incommensurabilmente nel mondo variopinto dei Tomorrow, ovvero Keith “West” Hopkins (voce, proveniente dagli In Crowd ), Steve Howe (chitarra elettrica, futuro Yes), John Wood (basso), John Alder “Twink” (batteria, proveniente dai Fairies, futuro Pink Fairies e Pretty Things), che nel marzo del 1967  diedero vita alla psych-band-meteora, qualitativamente fra le più alte del periodo flower britannico. Il “domani” era alla loro portata, anzi… ma domani sarebbe stato anche un altro giorno, l’alba nascente di un nuovo mondo sonoro; il narrante artifizio progressive. I Tomorrow con il loro unico eponimo album del 1968, offrirono prova inconfutabile d’abilità a dir poco stratosferica, seminando spore futuribili.

tomorrow 1Non ho tempo da perdere, azzardo subito dicendo che di questi quattro misconosciuti musicisti, almeno tre, erano creativamente e tecnicamente attrezzati quanto i Beatles, se non di più.  Contenti? Così io la penso. La loro tecnica compositiva, la loro creatività, seppur seminata su un terreno underground, regge il confronto con qualsiasi altro gruppo quotato dell’epoca, Pink Floyd compresi, nonostante che l’album non incontrò il meritato successo dovuto al fatto che essendo stato concepito nel 1967, ebbe una lunga gestazione per poi essere pubblicato solo nel febbraio del ’68,  dove la quiete ventosa della “Summer of Love” stava adagiando i profumati ed evanescenti pollini flower, su nuovi terreni assorbiti da inquietanti umus lisergici in via d’estinzione. Tutto stava per finire e tutto per iniziare, “Sgt. Pepper” diede la scossa verso una commercializzazione più diffusa, ma sulla scia della sua stessa onda molti gruppi evitarono di lasciarsi coinvolgere. I Tomorrow però, come poche altre band seppero affrontare la dimensione della coerenza all’interno dell’album, i brani quasi tutti della durata canonica intorno ai 2 minuti e mezzo nella forma canzone, sono affreschi confezionati con estrema perizia e scrupolo compositivo.

tomorrow keith WesrLo stile “Tomorrow” risente delle sonorità del mersybeat dei Kinks, delle scorribande pop elaborate dai Beatles dal loro cromatismo e dai Pink Floyd per quanto riguarda il cantato, ma poi niente di tutto questo, dato la forte personalità dei suoi musicisti che imprimono un marchio di fabbrica così profondo, da svincolare il loro capolavoro da qualsiasi definizione di “derivato”. “Tomorrow” è opera sopraffina all’interno del genere psichedelico, ma sopratutto il suo apice, nella forma-canzone altamente strutturata e misurata senza fotocopiarne gli intenti dai gruppi contemporanei, quello che colpisce di più è l’eccellenza tecnica che sbaraglia il campo anche se l’album è sprovvisto di una certa aura dimensionalmente profonda, tipica della ipno-psichedelia scenografica proto- progessive pinkfloydiana. L’utilizzo di ritmiche beat-mod, arrangiamenti maturi, tonalità medio-alte e collages sonori freschi come manifesti pop-art, lo pongono nonostante la ritardata pubblicazione, al vertice del popsych britannico del primo periodo e cioè quello color-flower dei Blossom Toes di “We Are Ever So Clean”, del Byrds-folk dei Kaleidoscope di “Tangerine Dream” o beat-pop degli Zombie di “Odessey And Oracle” e sopratutto allo psych-garage-beat dei Misunderstood, ma per importanza e qualità, si pone a fianco di F.S. Sorrow dei Pertty Things.

Tomorrow-Revolution

 

tomorrow steve howeCi furono ai tempi chitarristi tecnicamente  forti e duttili quanto  Steve Howe? Sicuramente, ma la gara è dura e i dubbi sono legittimi. Howe non poteva essere considerato una “prima donna”, bensì il classico musicista coadiuvante alla causa compositiva, la sua principale preoccupazione era l’economia strumentistica sempre espressa in modo originale e pertinente al brano, anche se per forza maggiore in “Tomorrow” la sua chitarra svolge il ruolo primario. Ma di quanta bravura era dotato? Negli Yes lo dimostrò ampiamente. E che dire di messere John Alder “Twink”? Un rullatore percussivo di ritmi stralunati e accentuatore di scorci tribali, talmente ricco di personalità e inventiva, che la sua presenza in “ditta” era garanzia di performance in trans ad elevata potenza intensiva. Per non dire delle capacità compositive di Keith West, autore di tutti i testi e aggiustatore, ad eccezione di “Strawberry Fields Forever” per ovvie ragioni.

tomorrow 2Si parte sapendo che “My White Bicycle” fu il loro debutto in 45 rpm del maggio 1967, un pezzo straordinario, un’ampolla d’infusi lisergici ad alto potenziale, dove la chitarra al phaser di Steve Howe detta legge con interventi multisonori mirati, pochi altri riscontri nella storia del rock, sono di così alta portata. ” Colonel Brown” è una ballata pop andante beatlesiana, con accenti nel finale alla Misunderstood di “My Mind”. La struttura variegata di “Real Life Permanent Dream” dalla sonorità orientaleggiante, mostra spore progressive. Mentre “Shy Boy”, è anch’essa un residuato beatlesiano corretto alla pianola, che le conferisce un leggero gusto elettro sperimentale. Si giunge quindi al secondo hit in 45 rpm del settembre del ’67, “Revolution”,  il fantastico capolavoro di collages stralunati e cambi di fraseggi polifoni che pochi gruppi possono vantare, neppure i Beatles, ascoltare per credere; anche qui il genio creativo e raffinato di Howe ha il suo peso, pensate che già nel 1967 questo pezzo mostrava nello spazio di appena 3 minuti e mezzo, tutta la lezione concettuale del progressive: coloriture e narrazioni variabili. “The Incredible Journey Of Timothy Chase” prosegue sulla linea beatlesiana del “sergente Pepe”, con una chitarra sicura di sé, non confrontabile a quella intimidita di George Harrison. “Auntie Mary’s Dress Shop”, è anch’essa costituita da siparietti flower scanzonati, molto ben relazionati. Ed ecco arrivati al nocciolo della questione, “Strawberry Fields Forever”, qui signori siamo di fronte ad una versione delle “fragole” improponibile per i mezzi tecnici a disposizione dei Beatles, ne comprendo l’inevitabile paradosso. Questa esecuzione dalla natura artigianale e decisa ha poco delle artificiali macchinazioni della console scarafaggesca (con tutto rispetto per il fascino dell’originale), è la risposta simultanea dello studio 3 degli Abbey Road Studios data all'”indomani” del “Sergente Pepe” agli illustri baronetti come dimostrazione di forza, basta ascoltarla per rendersene conto. “Three Jolly Little Dwarfs” è un pezzo che ricorda molto qualcosa ascoltato in “Freak Out!” e non mi sembra eresia farlo notare. “Now Your Time Has Come” è il brano più lungo del disco con i suoi quasi 5 minuti, mero esempio di pop-rock proto-prog, dagli sviluppi raga-jazz chitarristici che non hanno bisogno di commenti.  Chiude “Hallucinations”, la  fresca ballata pop dall’aria evanescente.

twink 1Per concludere, siamo di fronte ad un grande album della stagione psichedelica inglese se pur in leggero ritardo rispetto alla “Summer of Love”, ma pur sempre una testimonianza fondamentale di quel periodo, sensazioni e sogni di intere generazioni confluiti e cucinati nel calderone post lisergico in via di raffreddamento ad opera delle nuove contestazioni sociali. Di lì a poco tutto sarebbe cambiato e una nuova coscienza più complessa e drammatica avrebbe imposto i suoi dettami; “Tomorrow” è anche questo. Immancabile!

 

Tomorrow-Strawberry Fields Forever

rano 2valutaz.***** Pierdomenico Scardovi


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