A PASSEGGIO NEL NUOVO WATERFRONT

Passeggio spesso sulla spiaggia di Bellaria, dall’estremo nord di via Abbazia fino al porto e ritorno. Conosco ogni dettaglio di quel tratto dove insistono due modelli di riqualificazione della spiaggia o, come amano dire gli amministratori locali, di waterfront. Verso il porto, parallelo al lungomare Colombo, c’è la riqualificazione fatta a cavallo tra fine e inizio secolo. Oltre, da piazza Kennedy verso nord, la riqualificazione di questi anni e il cantiere dell’ultimo tratto allestito fino a via Abbazia.
Impressioni.
Il vecchio waterfront nonostante gli anni, ha una qualità complessiva buona. Vi si scorge un disegno architettonico caratterizzato da linee orizzontali e verticali a onda. Le cabine, i chioschi e i servizi danno un’idea di unitarietà e ordine. I materiali usati sono adatti all’ambiente marino, molto aggressivo, e hanno superato la prova del tempo; le pavimentazioni sono di blocchi e blocchetti cementizi, non hanno fratture perché la posa a secco li rende adattabili alle modifiche del fondo che peraltro non presenta avvallamenti o cedimenti. La manutenzione è, evidentemente, facile (se un blocchetto si rompe è sostituibile).
Il nuovo waterfront è gradevole per la parte orizzontale, ovvero la strada pedonale e ciclabile. Però i materiali usati sembrano del tutto inadatti all’ambiente. Le superfici sono rigide (penso di calcestruzzo), con tonalità grigio-beige di varie sfumature e, dopo uno-due anni presentano già numerose fessurazioni di taglio e principi di buche. Penso, ma non ho competenze tecniche, che le fessurazioni costituiscano un problema molto serio e dipendano dall’inadatta realizzazione dei giunti che, in una grande superficie rigida, dovrebbero assorbire le tensioni e gli adattamenti del fondo. Sono state fatte delle riparazioni per chiudere le fessure con un prodotto bicomponente di colore ghiaccio. Il risultato estetico è orribile, come la classica pezza peggio del buco; il materiale bicompenente pare durissimo, quasi vetrificato e l’impressione è che sia destinato a frantumarsi con le tensioni delle superfici. Mi chiedo perché i giunti siano stati realizzati a distanze notevolmente variabili tra loro: con una misurazione a passi ne ho trovato alcuni distanziati sui 5 metri e altri tra i 15 e i 20 metri. In ogni caso è in atto un processo di ammaloramento rapidissimo dell’opera. Credo che nel giro di qualche anno saranno dolori seri per i problemi che stanno emergendo sulle superfici orizzontali.
E passiamo alle costruzioni che, a differenza del vecchio tratto di via Colombo, non hanno una architettura di base con un minimo comun denominatore e ai concessionari è stata lasciata la libertà, credo totale, di scelta. Ne è venuto fuori un miscuglio di stili con manufatti di maggiore o minore qualità, che complessivamente valutato, pare approssimativo e poco gradevole.
Non so se i limiti tecnici e architettonici visibili a tutti abbiano subito una qualche correzione nel lungo tratto ora in cantiere che inizia dal bagno 16 e si sviluppa fino a via Abbazia.
E a proposito di via Abbazia, anche i sassi sanno che in quell’estremo nord non esiste praticamente spiaggia e quella poca che c’è viene creata ogni estate con camionate di sabbia. L’ultima mareggiata s’è mangiata 200 metri di duna artificiale, era già successo e succederà ancora. Mi chiedo quanto resisterà, in quelle condizioni, l’ultimo tratto del nuovo waterfront e se non verrà spazzato via con la prima mareggiata.
Infine una segnalazione relativa alla parte di cantiere di fronte a casa e capannone Lugaresi: vi si trova, per buona parte interrato ma ben visibile, un manufatto militare tedesco risalente alla seconda guerra mondiale, un cosiddetto fortino all’interno del quale trovavano posto due militari con una mitragliatrice. Il caso lo ha collocato a cavallo tra la proprietà privata e il demanio comunale e sopra di esso esiste la recinzione di confine. La parte sul demanio ora è stata portata alla luce con gli sbancamenti del cantiere. C’è un progetto per quel manufatto, che è comunque una testimonianza importante di archeologia bellica credo unica nel territorio bellariese, o tutto verrà coperto?


Onide Donati




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