QUANDO I GIORNALISTI SBAGLIANO L’ITALIANO

Da tempo, su un giornale a livello nazionale ma con pagine dedicate alla provincia riminese, si rilevano errori che nell’intento di chi scrive dovrebbero apparire uno sfoggio di cultura.

Un paio di esempi:

Leggiamo spesso il termine “chiosa o chiosano” derivanti dal verbo “chiosare”. Nell’intento di chi scrive dovrebbe significare che l’intervistato sta ribadendo. Se però andiamo a vedere nella Treccani, rileviamo che quel termine non si addice mai al contesto. Ecco cosa dice la Treccani:

“Chioṡare v. tr. [der. di chiosa1] (io chiòṡo, ecc.), letter. – Spiegare, illustrare un testo o un passo d’un testo con chiose: E serbolo a chiosar con altro testo (Dante); invece di Omero chioserò Crisippo (Leopardì).

Chiosa: Annotazione (marginale o a piè di pagina) che chiarisce una parola o un passo di un testo; postilla, gloss.”

Ma ancora più grave è il termine “aldilà” scritto tutto attaccato, usato come locuzione di avverbio o come preposizione (scritto per ben due volte in un singolo articolo). Ecco cosa dice la Treccani:

“AL DI LÀ O ALDILÀ?

In casi come questo non esiste una norma generale che regoli la scelta tra la grafia con ➔univerbazione e la grafia separata. Nell’uso, tuttavia, è invalsa una distinzione tra:
– al di là, con grafia separata, si usa con valore di ➔locuzione avverbiale o preposizionale
al di là del confine
– aldilà, con grafia univerbata, si usa in funzione di sostantivo maschile (con il valore di ‘oltretomba’, ‘vita dopo la morte’)
L’aldilà resta un mistero per ognuno di noi.”

L’italiano è una lingua complessa, anche se meno dell’affascinante latino da cui deriva.


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Il Direttore Giuseppe Bartolucci

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