SPIAGGE: OLTRE IL SURREALE

Nell’ultimo anno, le attività che insistono sull’arenile di Bellaria sono state protagoniste di una situazione che va oltre il surreale per i balneari titolari delle relative concessioni, che nell’arco di pochi mesi si sono trovati ad impegnarsi in notevoli investimenti senza godere di nessuna garanzia. Forse un caso unico.

Un comportamento discutibile dello Stato e dei governi che si sono avvicendati, che in oltre 15 anni non sono stati in grado di risolvere definitivamente le direttive della “Bolkestein” introdotta nel 2006.

Questa direttiva, che coinvolge il rinnovo delle concessioni di tutte le attività presenti su area demaniale le mette a grave rischio, con un atto burocratico, senza che sia previsto alcun riconoscimento.

Belligea non intende erigersi ad avvocato difensore, ma si limita a cercare di comprendere, approfondire ed individuare, le ragioni di tutto questo.

Come tante altre leggi emanate dall’UE, la Bolkestein è probabilmente nata per volere dei notabili mitteleuropei, avulsi dalle diverse realtà geografiche e i relativi sistemi economici. Ne deriva che in alcuni contesti, come nel nostro caso, risulti decisamente incongrua. Nasce il sospetto che si miri ad acquisire, quasi a costo zero, un patrimonio di alto valore prodotto da altri.

L’arenile italiano è sostanzialmente assegnato in concessione per circa 1/3, mentre oltre i 2/3 sono destinati alle spiagge libere. Tralasciamo il fatto che la direttiva dovrebbe essere applicata su beni limitati, cosa che non riguarda la situazione italiana.

Prendendo in esame il nostro caso (comunque sovrapponibile a tante altre località), quando queste limitate porzioni di arenile vennero assegnate nell’immediato dopoguerra, avevano un valore praticamente nullo. Il valore lo hanno acquisito in seguito, grazie all’impegno di bagnini e chioschisti che con sacrificio, costanza e rischiando in proprio, hanno pian piano contribuito, assieme alle altre imprese fondate per il turismo, a dar vita al sistema economico per cui siamo universalmente noti.

Ora, che tutto questo patrimonio possa essere acquisito da altri, e forse da multinazionali straniere, appare decisamente eccessivo.

Vogliamo poi rimarcare quanto sia paradossale ciò che è avvenuto tra il 2021 e l’estate 2022, quando, in attesa di una ragionevole soluzione alla Bolkestein, lo Stato approvò una proroga delle concessioni fino al 2033. Questo indusse l’Amministrazione a demolire gli stabilimenti presenti nella zona nord di Bellaria, per realizzare un prolungamento del lungomare mai esistito in quel tratto di costa.

Le strutture balneari, inoltre, erano ormai obsolete e si deve riconoscere che in questo caso il sindaco Giorgetti si è reso autore di un’impresa notevole. L’estensione del lungomare è un’opera pubblica e privata ammirevole, che dà lustro alla città e rivalorizza un tratto costiero che dopo oltre settant’anni ne aveva assoluta necessità.

Quel merito va condiviso con bagnini e chioschisti, ma dopo l’apertura del cantiere si sono visti annullare la proroga al 2033, decurtata al 2023. Una doccia fredda provocata da uno Stato che li ha letteralmente traditi annullando le sue stesse leggi, oltretutto in un momento economico particolarmente difficile. Non dimentichiamo che c’è chi si è impegnato ipotecando i suoi beni, finanziando anche opere pubbliche in previsione di un futuro migliore per le attività e la città.

Ora non resta che augurarsi che il nuovo Governo possa trovare una congrua e definitiva soluzione che permetta di vivere con più tranquillità a tutto il settore balneare italiano.

Per ora si cerchi di completare quel tratto di lungomare, un’opera più unica che rara.


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Il Direttore Giuseppe Bartolucci

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