PD: SUICIDIO DI UN PARTITO

Sull’orlo del baratro; su questo stanno camminando all’interno del partito, incapaci da sempre di esercitare la democrazia interna, esercizio molto difficile.

Con l’arrivo di Renzi le cose sono peggiorate: molta coreografia e poca sostanza, lui vuole comandare, convinto com’è, nonostante tutto, di essere il migliore.

L’estinzione pare imminente, ma il PD sembra non rendersene conto. I dirigenti, sono i primi e unici colpevoli del disfacimento. Imprigionati dal solito, ripetitivo cliché, una gabbia sempre pronta all’esplosione o alla paralisi. La sinistra sembra incapace di imparare dai propri errori, che sono sempre quelli. I renziani e la minoranza viaggiano sulle antiche piste della loro incapacità di coesistere, la democrazia per statuto non può funzionare. Almeno all’interno di un partito la democrazia dovrebbe essere il libero arbitrio, ma quando ci provano fanno a botte ogni cinque minuti.

Un po’ di tattica forse c’è, ma strategia zero; non c’è sostanza non c’è politica, tanto rumore per nulla. Un partito fermo non soltanto dalla perdita del referendum, ma probabilmente fin dalla sua nascita. Troppe anime diverse, unite solo dall’ormai antica smania di sconfiggere Berlusconi, visto come il male assoluto.

Queste diversità di visione del Mondo e la protervia di essere i migliori, alla fine hanno partorito il topolino che crede di essere un elefante: Matteo Renzi.

La resa dei conti sembra essere l’unica preoccupazione dei dirigenti, non si ha la sensazione che volgano lo sguardo al Paese, eppure dietro l’angolo galoppa il populismo di una destra diversa, nuova e pericolosa, che fa il verso alla Le Pen e a Trump che ha trasformato in eroi.

Una dissociazione dalla realtà che li ha condotti sulla strada del suicidio, incapaci di analizzare tutte le sconfitte subite dal 2008 ai giorni nostri. Il baricentro Renzi non ha funzionato, non è stato capace di farsi carico delle differenze e oggi, pur avendo l’occasione, forse unica, di rilanciare un progetto politico e conquistare un po’ di credibilità, appare come un bimbo a cui si è rotto il giocattolo. Forse stordito dalla sconfitta referendaria, che ha messo in evidenza nel palcoscenico su cui recitava la parte del grande statista, il bambino che deve ancora lasciare la culla.

La campanella dell’ultimo giro ha suonato, ma nel Pd sono diventati sordi. Antepongono ottusamente le loro vicende interne ai problemi del Paese, convinti che risolvendo il problema di chi comanderà al loro interno, troveranno la formula magica per risolvere i problemi che attanagliano l’Italia, ignorando che agli italiani, del Pd, ormai non gliene può fregare di meno.

Finché si vive con l’incubo di guerre, scissioni e attacchi personali, come si fa a credere di essere la migliore soluzione per il Paese? Il dramma è dietro l’angolo, questo dramma si chiama antipolitica, a farla crescere sono quei partiti che come il Pd viaggiano su un binario morto.


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Il Direttore Giuseppe Bartolucci

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