ANTONIO SANT’ELIA: L’ARCHITETTURA FUTURISTA

Un illuminato della modernità

Spargiamo un po’ di cultura

Esattamente un secolo fa, il 10 ottobre del 1916, sul fronte bellico della Grande guerra moriva Antonio Sant’Elia, uno dei più illuminati e avveniristici architetti del ventesimo secolo. Nato a Como nel 1888, cresciuto nel clima culturale milanese, fu il principale promotore all’interno del movimento Futurista per l’architettura.

Una figura complessa da interpretare a causa della prematura scomparsa che ne ha interrotto drammaticamente i percorsi di ricerca intrapresi, anche a causa del fatto che la critica ha spesso cercato di inquadrarlo e giudicarlo con l’ottica analitica della corrente Razionalista. Una figura che seppe evolversi dalle tendenze artistiche dell’ Art Nouveau e prefigurare linee di sviluppo su cui poi si affermarono alcuni principi della nascente corrente Razionalista europea.

Il livello di pensiero architettonico di Sant’Elia, tende sempre a presentare al suo interno una natura dialettica, dove ogni elemento esige il suo “opposto”, facendo della contraddizione il suo live motiv. Sono numerosi i temi che introduce e reinterpreta in modo nuovo, che si possono evincere nelle prospettive dei suoi disegni di città del futuro. Dalla scelta morfologica del piano obliquo, all’immagine della forma geometrica della piramide, che compone nei blocchi gradonati, al tema del telaio in cemento armato, che utilizza come potenziale nuovo linguaggio espressivo.

Raffigurazioni grafiche dove, attraverso la morfologia degli elementi architettonici, Sant’Elia intese affermare prima di ogni altro, non tanto l’animazione dell’architettura, ma la necessità che la città del ventesimo secolo si sarebbe dovuta organizzare plasticamente sui movimenti. La dinamica del movimento meccanico assurge come ritmo. Da qui la città concepita su più livelli prima ancora che essere soluzione razionale (di leonardesca memoria), è contemplazione di una macchina complessa, che identifica nei flussi della nascente mobilità umana la sua essenza.

Seppe intuire la necessità di dover concepire il disegno della città come un tessuto organico, unito da un insieme di nodi strutturali, sui quali coordinare l’organizzazione interna. Come fu altrettanto geniale nel saper esprimere il proprio fine pensiero attraverso i disegni, anteponendo la sintesi di un idea sull’analisi. Seppe cogliere persino il valore estetico della moderna tecnologia nel movimento negli ascensori, dove, anziché nasconderli pudicamente nei pozzi dei vani scala, non esitò ad esporli nei prospetti degli edifici che caratterizzavano la scena urbana.

Anticipando così gli effetti scenografici degli ambienti urbani tecnologicamente ed esteticamente più evoluti anche dei nostri giorni. Un anticipatore dello spirito dei tempi, che seppe comprendere e capire ante litteram la società contemporanea strutturata sulle diverse forme di mobilità, individuandone le potenzialità sulle quali riflettere per definire la città contemporanea, fornendo inoltre le modalità operative attraverso le quali si sarebbe dovuta organizzare e gestire. Ovvero la stretta interdipendenza tra problemi architettonici e problemi urbanistici, su cui si cimenterà la riflessione progettuale delle diverse correnti dell’architettura contemporanea.


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Il Direttore Giuseppe Bartolucci

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