The Stooges: The Stooges

 

Dome alba 6“L’iguana sopravvissuta, divora nella tana il suo cervello.” (ranofornace)ranina picciina

 

 

The Stooges-1969

Se esiste un inferno musicale, sicuramente alla porta c’è Iggy, è lui il più indicato a condurci per i recessi senza ritorno, della dimora polifonica del diavolo. Iggy l'”iguana”, è il prescelto da Satana, l’astro della perdizione sguaiata, del trapasso psicotico autolesionista, il nudo spiritello che trasuda sangue.

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Gli Stooges fanno parte della scena di Detroit, quella degli “MC5”, “Frijid Pink” e “Amboy Dukes”; gente tosta per intenderci e con questi hanno  in comune l’impeto e il suono aggressivo. Loro però, hanno aperto la strada verso la scalata a quella che sarà la più grande rivoluzione sonora del rock nel suo significato più inconfondibilmente moderno: il rumore.

The Stooges-I Wanna Be Your Dog

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Spesso i termini “seminale” e “influente” in musica, vengono usati come sinonimi ed è esatto, però conservano una differenza di fondo non trascurabile; quest’ultimo è correlato alla quantità di musicisti influenzati e gli Stooges si collocano in un crocevia fondamentale per l’evoluzione del rock. Tutto ruota intorno alla figura di Iggy Pop, al secolo James Osterberg Jr. Intendo dire che l’album di debutto “The Stooges” del 1969 e cioè uno dei capolavori assoluti, fra i primi cinque dischi più influenti della storia della musica rock, ha aperto la strada maestra che porterà nel 1977 al punk conclamato e a molteplici generi futuri: dallo stoner, all’hardcore al grunge e a tutto il pianeta noise. In pratica è il punto di raccordo dove confluiscono una serie di atteggiamenti e proposizioni musicali innovative che riprendendo i riff ossessivi di Chuck Berry e Rolling Stones, il protagonismo istrionico psichedelico dei Doors fino al nichilismo autodistruttivo dei Velvet Underground, il tutto, imbrodato di motivazioni esistenziali e segnano il passo alle tensioni espressive di fine ’60. In poche parole sono stati fra i precursori della modernità rock, intesa come alienazione claustrofobica e tragica.

The Stooges-We Will Fall

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Lo stile è subito innovativo: ispido, ripetitivo, ossessivo, graffiante, sordo al blues-rock, lontano dalle derive evasive psichedeliche, coglie piuttosto frontalmente (come un muro sonoro) l’aspetto eversivo e rabbioso della tossicodipendenza individualista, antireligiosa e antisociale, iniziata nel 1967 con “Velvet Underground & Nico” che ne riprende anche nei testi le tematiche: incubi, deliri, eroina, sesso sfrenato, alienazione, violenza. Non per niente la super visione di quel genio dell’atrocità che è John Cale ha qui il suo peso. “Trasgressione e ribellione” dunque… nel 1977 il punk con “Never Mind The Bollocks Here’s…” dei Sex Pistols, ne farà la sua poetica.

The Stoges-No Fun

Line-up: Iggy Pop (voce), Ron Asheton (chitarra, cori), Dave Alexander (basso), Scott Asheton (batteria), alla produzione John Cale con due partecipazioni; al pianoforte e campanelli in “I Wanna Be Your Dog” e alla viola in “We Will Fall”.

Iggy Pop 1969

Otto tracce di collerico rifiuto rock, rigettato a grandi dosi di fuzz e distorsione, mostrano la caratura del fenomeno Stooges. Apre “1969”, a indicare l’alienante incapacità di vivere serenamente la città americana che incalza spietata sul sentimento di cambiare il mondo. Wha-wha e tribalismo percussivo reiterato, riff ossessivo sgranato su cui si stampa la voce di irriverente di Iggy, sono il prologo degenerato e nefasto del negativismo contemporaneo. “I Wanna Be Your Dog” parte col noise spaccapietre della chitarra di Ron Asheton che si trasforma in incubo, fissità drammatica scandita dalle ringhiose denunce di Iggy. La velvetiana “We Will Fall” diretta dalla viola gotica di John Cale alla maniera di “Venus in Furs”, è un canto claustrofobico e mortifero della congrega stoogeniana, le cui  note al wha-wha scandiscono e sgocciolano come sangue sul fraseggio romantico della seconda viola; vero capolavoro dimensionale! “No Fun”, è il cavallo di battaglia, l’inno degli Stooges e forse idealmente dell’intera generazione punk. Con il solito riff distorto e reiterato, “non è divertente” per nessuno applaudire e tanto più essere felici; Lou Reed e Iggy Pop la raccontano a modo loro, e a tratti con gli stessi toni perversi e frustrati.

The Stooges-Real Cool Time

stooges donneLe schitarrate di “Real Cool Time” irrompono sul biasimo di Iggy, lacerando lo spazio sonoro e gli stessi sogni. La cadenza di “Ann” echeggia psichicamente nel fuzz e nel canto lagnoso e lascivo, a Jim Morrison, come  un presagio al rito venefico dell’eroina. La corposa e cadenzata a stacchi “Not Right” percorre sempre le vie della perdizione per mano della chitarra disturbata di Asheton. “Little Doll” nell’accento strutturale di un pretestuale blues, chiude forsennatamente nel delirio chitarristico.

The Stooges-Ann

stooges 8Il suono disadattato e malato degli Stooges, trova così il suo referente più diretto nell’oscenità ipnotica e  masochista di Iggy Pop che interpreta al meglio le passioni di gente che non sta bene . Sfido chiunque a trovarne uno ai suoi livelli, forse un imitatore. E’ stato il primo performer a praticare abitualmente lo stage diving, epici sono i suoi happening. Iggy è senza freni inibitori, ogni volta è un Lazzaro risorto dalla tomba, inutile dire che è diventato un’istituzione, tutto e di più. La sua carica esplosiva affascina, la sua indole da teppista difficilmente addomesticabile, i modi  pericolosi, la sua insolenza, l’assoluta mancanza di qualsiasi inibizione ne fanno ancora a 69 anni, il più grande degli angeli maledetti sulla scena internazionale. Ho avuto l’occasione di assistere nei primi anni ’90 ad un suo concerto e devo ammettere che è un rito propiziatorio vero e proprio, immerso nel frastuono e degenerato nell’esibizione del sangue, di sfregio alla sacralità del corpo e alla “ascoltabilità” della musica dal vivo. Un’esperienza esaltante, di anacronistica body-art.

The Stooges-Not Right

stooges iggy facciaDopo questo loro debutto si ripeteranno l’anno dopo col secondo capolavoro “Fun House” e tre anni dopo David Bowie parteciperà alla produzione di Raw Power. I Sex Pistols a San Francisco nel 1978 chiuderanno la carriera live con la cover di “No Fun”. Il noise-post-punk dei Sonic Youth sarà influenzato, come il funk-hardcore dei Red Hout Chili Peppers, lo stoner dei Kyuss, ed anche Kurt Cobain ne terrà conto, ma tutta l’epoca di fine ‘900 ad oggi risente dell’oltraggio stoogesiano. Per la rivista Rolling Stone entrano fra le 100 band immortali, mentre Mojo mette tutti i loro dischi fra i cento più importanti di sempre. Per il sottoscritto, “The Stooges” è un album imperioso, di una classe cristalina fuori dal comune, il manifesto di una visione del rock e, in un’ipotetica classifica degli album più influenti, affianca “Freak Out!”, “Velvet Underground & Nico”, “Are You Experienced” e “Sgt. Pepper’s”, quindi assolutamente imprescindibile.

The Stooges-Little Dollrano 2

Valutazione ***** con lode

Pierdomenico Scardovi

 

 


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