“Cappuccetto rosso nel bosco, raccoglieva funghi allucinogeni, invece di fragole e mirtilli.”
The Sacred Mushroom-I Don’t Like You
Della immensa influenza del rock & roll americano sulla musica europea degli anni ’50-’60 e in particolare su quella inglese non stiamo qui a parlarne ancora, però non dobbiamo dimenticare di riconoscere nella sua parabola evolutiva, i piccoli e grandi meriti innovativi, restituiti con gli interessi da Albione alla terra americana.
I “Sacred Mushroom” erano nati nel ’65 a Cincinnati (Ohio) dall’idea di un corpuscolo di studenti in procinto di buttarsi di lì a poco nelle esperienza “peace & love” delle comuni hippie. I fratelli Larry Goshorn (chitarra, voce) e Danny Goshorn (voce) imbevuti di rhythm & blues e garage-rock, reclutarono gli amici Joe Stewart (basso) e Rusty York (arpa solo per “All Good Things Must Have an End”) e costituirono il gruppo prendendo il nome dall’omonimo locale dal quale avevano mosso i primi passi, iniziando ad esibirsi per racimolare i soldi per comprare la casa della loro futura comune (Magic Mushroom People). Ai tempi del loro album riscossero abbastanza successo suonando nei paraggi, insieme a band come Quicksilver e Big Brother & The Holding Company.
The Sacred Mushroom-All Good Things Must Have An End
L’unico album omonimo pubblicato nel 1969, “The Sacred Mushroom” coglie con ottimi spunti originali quella irresistibile ventata di rock inglese così bene espressa in sintesi dai Cream e Kinks. A differenza di altri gruppi più decisamente acid-psych, i “funghetti allucinogeni” si mantengono sulla linea di un hard-blues psichedelico, più chitarristico e meno cerebrale con escursioni nel pop-rock. Basta confrontare “Strange Brew” dei Cream per capire quanto quei suoni siano stati ben acquisiti nella loro prima track “I Don’t Like You”. Il suono del riff della chitarra di Clapton è lo stesso di quella di Larry Goshorn, non solo ma anche la stessa cadenza risulta similare. Tutti i brani sono originali composti da Larry Goshorn, tranne uno. Il pop-blues di “You Won’t Be Sorry” scorre sulla falsa riga dei Cream di “Disraeli Gears”; “Catatonic Lover” riprende in parte il senso del brano di Clapton già citato ed anche l’ottimo blues all’armonica a bocca di “All Good Things Must have an End” è un classico del genere. Chiude la prima facciata l’unica cover, una delle più belle della storia del rock, Il capolavoro dei Kinks del 1966, “I’m Not Like Everybody Else” eseguito, forse, in modo ancora più accattivante, viene addolcito di certe spigolosità e secchezze garage, (pur riconoscendo superlativa l’escuzione chitarristica di Dave Devies), l’armonia scivola fluidamente con sorprendente sicurezza e accuratezza d’esecuzione, mentre il fuzz dell’assolo la arricchisce di umus lisergico; concorre come testimonianza di gusto di un’epoca.
The Sacred Mushroom-I’m Not Like Everybody Else
Il lento bluesy “I Take Care” con l’inconfondibile appunto della Gibson di Larry Goshorn, “Mean Old Word” dal cantato molto brit, interpreta perfettamente l’infatuazione dei “mistici funghetti” per l’altra sponda dell’oceano. Chiude il capolavoro del disco “Lifeline”, il più acido e degno del nome del gruppo. Costituisce uno dei più bei dialoghi chitarristici dei sixty (senza nulla togliere a quelli dei Wishbone Ash). “Lifeline” è un blues lisergico ed entusiasmante che si articola lungo i sei minuti e mezzo, dove le due chitarre si inseguono vicendevolmente, sciogliendosi in un intreccio sensuale e capriccioso, interrotto solo dalla ripresa del tema.
The Sacred Mushroom-Lifeline
Un album piacevole e più che discreto, nell’ambito del “genere” mostra tratti somatici riconoscibili. Dopo questa fatica la band si sciolse, i fratelli Goshorn continuarono la loro attività entrando nel gruppo folk e country rock “Pure Praire League”, rimanendovi fino al 1985. La stampa originale (usa Parallax 1969), è piuttosto rara e molto ricercata nell’ambito del collezionismo della psichedelia oscura, il disco è stato ristampato diverse volte con varie etichette. Per noi rimane una piccola perla dimenticata che si aggiunge alle innumerevoli del periodo.
Pierdomenico Scardovi
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