Eric Burdon & The Animals: Winds of Change

 

Dome alba 6“I sogni della Love Generation travolti nella furia del vento che cambia.” (ranofornace)ranina picciina

 

Eric Burdon and The Animals-Winds of Change

Ed era giunta finalmente… a San Francisco, nel fulcro nevralgico della Bay Area. Era il 1967, era l’estate dell’amore!

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Il sogno di cambiare il mondo con i fiori della pace e dell’amore espandeva di illusioni il cuore di quei giovani. Quel sogno così bello e ostinato, lentamente si sarebbe infranto all’inizio degli anni ’70 nella sommatoria degli avvenimenti storici. Oggi non vediamo più i pantaloni svasati, le frange, le camicie sgargianti, gli occhialoni ed anche tanti capelloni. Di quella mitica generazione rimane l’utopia e comunque la lezione positiva del salutismo alimentare, dell’ecologismo e della libertà sessuale. Non è poco… Ma il tarlo insanabile della droga, quello no! Quello è la piaga nella società dei consumi; il suo senso di colpa.

Eric Burdon and The Animals-Poem by the Sea

animals 4Eric Burdon e company, aveva lasciato da poco l’Europa e si era trasferito nella città californiana in cerca di nuovi stimoli, nuove esperienze dimensionali per innovare la sua musica. Lui, considerato in patria uno dei grandi maestri della “British Invasion” e promotore del blues revival, era in procinto di invadere il campo con la grinta e la potenza delle sue interpretazioni canore nel nuovo continente. Era appena uscito il suo ultimo lavoro anglo-americano “Animalism” (1966), ma i tempi divenuti ormai maturi, spingevano il vento del cambiamento verso nuove frontiere, nuove esperienze aiutate dal consumo delle droghe. La musica non poteva far altro che essere la portavoce di questa  grande novità. Burdon, colse l’effluvio di emozioni e lo traspose in un’opera magistrale:  “Winds of Change”, “Venti di Cambiamento”. Era appena trascorsa l’estate, era settembre del 1967.

Eric Burdon and The Animals-Paint it Black

animals 5l’America era la terra promessa da cui provenivano le sonorità “animalesche” del gruppo di Newcastle e le attitudini rhythm-soul canore di un bluesman come Burdon reduce dalla rivisitazione di “The House of the Rising Sun“, “Don’t Let Me Be Misunderstood” e dalla tanto amata fra le fila delle truppe americane in Vietnam “We’ve Got To Get Out Of This Place“, riproposte sulle orme rollingstoniane di “Their Satanic Majesties Request”, si impongono per abbracciare la nuova filosofia di vita: “la psichedelia”; dando vita in sintonia al movimento hyppie, a “Wind of Change” (usa MGM 1967) e il titolo dice tutto. Lo stile di questo disco mette da parte il blues robusto e arcigno che contraddistingueva gli Animals, portando l’eredità del rhythm & blues inglese su una terra sospesa fra allucinazioni lisergiche e aspirazioni orientaleggianti. Lo stile rock-bluesy  subisce sorprendentemente la metamorfosi folk, i suoni non seguono quelli delle mareggiate westcoastiane e tanto meno gli abbandoni evanescenti dei flower naif californiani, perché il vento del cambiamento animale è avvolto da un’aura grigia e malinconica ed anche inquieta avvertita sinistramente dall’esperienza “satanica” delle pietre rotolanti, nel 1967. E’un sentimento nefasto presente in Burdon fin dai suoi primordi, condensato dall’uso di LSD. “Animalisms”, l’ultimo lavoro interamente inglese del giugno ’66, tradiva ante litteram questa “saudade”.

Eric Burdon and The Animals-San Franciscan Nights

La line-up degli Animals del 1967, dopo l’uscita del bassista Chas Chandler che negli USA va a scoprire il giovane Jimi Hendrix, vede Eric Burdon (voce), Vic Briggs (chitarra, piano, arrangiamenti), John Weider (chitarra, violino), Danny McCulloch (basso) e Barry Jenkins (batteria).

animals burdon 8L’omonima “Winds of Change”, apre nell’ascetismo orientale del sitar, sugli echi lisergici di “Ultimate Spinach” a incensare il canto psicotico  e reverberato di Burdon posto sul riff ipnotico del violino di Weider; è un lento incedere visionario, dove spirano i venti del cambiamento. Fantomatiche presenze rumoristiche di metalli industriali popolano “Poem By The Sea”, accompagnano il canto di Burdon che s’infrange nell’antro di un pianoforte allucinato. La cover capolavoro di “Paint it Black” cantata con grinta ringhiosa  di Burdon si stende sul tappeto ferroso di una  chitarra beefheartiana e nelle picchiate compulsive di una batteria da plotone d’esecuzione. Il monologo recitativo di Burdon in “The Black Plague” si cala nelle profondità psycho-mistiche di un coro monodico gregoriano. Il blues tirato di “Yes I Am Experienced” esalta la nuova esperienza lisergica intrapresa in terra americana.

Eric Burdon and The Animals-Hotel Hell

animals 6La canzoncina folk “San Franciscan Nights”, si inserisce dopo un preambolo tutt’altro che allusivo al suo dolce incedere, ma piuttosto ricorda il Mort Garson di Zodiac unito alle prime note dell’experience chitarristica di Hendrix. Il rumorismo ritmico-tribale di “Man-Woman” incitato dalla performance recitativa di Burdon si esplica nella più piena eccitazione spiritica-lisergica. La tromba mariachi di “Hotel Hell”, prelude alla ballata in pieno stile “Love” di “Forever Change”, per seguire fino in fondo tra le sirene, il magnifico canto malinconico di Burdon. La ballata pop-folk di “Good Times” prosegue nel sentimento, attraverso nostalgici rimandi brit-peppersiani. La splendida “Anything” arrangiata dall’apporto classico del violino, ondeggia anch’essa folcloristicamente nell’adagio di chitarra acustica e nell’interpretazione struggente di Burdon. Chiude la rhythm-psych-freak “It’s All Meat” sugli echi sonori del cerebralismo di certa psichedelia americana e delle estrosità di Zappa.

Eric Burdon and The Animals-Anything

Parlare di un autentico masterpiece come “Winds of Change” è sempre avvincente per la ricchezza dei suoi spunti sonori, per la forza espressiva dell’interpretazione vocale del suo leader; ed è anche doveroso, nonstante i suoi anni, riconoscere l’importanza che ha avuto nella storia musica rock, nonché il suo lascito testamentario. Burdon, in terra americana darà sfoggio del suo grande talento anche l’anno dopo con formazione rinnovata, nell’album capolavoro “The Twain Shall Meet”, continuando a imprimere ai suoni e alle armonie, tinte grigie e cerebralismi effettistici per esprimere inquiete emozioni popolate dal pessimismo verso il futuro, la società e la metropoli ma anche fuggendo da queste, abbandonandosi ad un nostalgico intimismo. Tutto ciò e molto di più… è Winds of Change.

rano 2valutaz. *****

Pierdomenico Scardovi

 


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