Igea s.r.l: A PROPOSITO DI GIOIELLI DI FAMIGLIA

Quando una famiglia vive al di sopra delle proprie possibilità, avviene che col tempo inizia ad indebitarsi con le banche, coi privati e quando non riesce più ad ottenere credito, inizia a vendere i propri capitali fino a ridursi in miseria nera.

Da tempo diciamo che il nostro Comune è mal gestito da molti lustri. Le norme di austerità che ci ha imposto l’Europa dovevano essere assunte spontaneamente dai Comuni da quando è stato introdotto l’euro, perché prima o poi sarebbero arrivati i paletti.

Oggi il nostro Comune, dopo aver attinto dalle tasche dei cittadini tutto l’attingibile, si prepara a vendere l’unico pezzo di valore rimasto per fare cassa: la partecipazione Hera quotata in Borsa… Questa Amministrazione si gioca il proprio destino elettorale prossimo venturo sull’asta fluviale (solo fluviale?) e per questo, a tranches, si costituirà un tesoretto che deriverà dall’unica partecipazione liquida che si può vendere da un giorno all’altro.

Realizzerà certamente una minusvalenza rispetto al valore di borsa iniziale, che rappresentava il conferimento della partecipazione che il Comune di Bellaria Igea Marina aveva nella municipalizzata riminese che ha aderito ad Hera.

Ma non era più opportuno vendere altro? Ci riferiamo in particolare ad Igea s.r.l una partecipazione che matematicamente (causa la politica di liberalizzazione nel settore che il governo sta facendo) è destinata a perdere valore.

Guardando il bilancio consolidato del Comune, se ne coglie la assoluta mancata di chiarezza nelle voci bilancio di Igea s.r.l. (nel senso che non si riescono a cogliere gli aspetti più stucchevoli).

Da diverse fonti apprendiamo che il valore dell’azienda potrebbe essere circa pari al suo fatturato quindi quasi il 30% di quanto si realizzerà con la vendita della partecipazione Hera. Ma questo asset ”strategico” non si può vendere e ci chiediamo perché.

Proviamo a immaginare le risposte. Come tutte le municipalizzate è un feudo. Di chi? Il presidente ex figura di primissimo piano di AN vicino alla lista “civica” Obiettivo Comune” di cui fanno parte diversi ex esponenti di AN rappresenta “l’espressione di potere” di Medri Ottaviani c’è inoltre un consigliere esponente di una corrente NCD e un consigliere parente espresso dal detentore del pacchetto di minoranza.

Il detentore del pacchetto di minoranza fa il direttore della farmacia con ottimi emolumenti e divide l’utile secondo la sua quota (quest’anno gli competeranno circa 10.000 € netti ) . Viene da chiedersi se è corretto che un socio di minoranza, debba dirigere l’azienda e se il socio di maggioranza (il Comune) non potrebbe trovare un direttore più “economico”. Viene da chiedersi altresì che senso abbia mantenere pubblica una farmacia con un consiglio di amministrazione formato da 3 persone.

Ma è cosi strategico questo asset? Per chi? Datevi una risposta.

Intanto il bilancio che è apparso nel consolidato è sempre meno leggibile, forse perché qualcuno che non ha da difendere eredità del passato o del presente ha cominciato a parlarne? Non si vede più il costo del consiglio di amministrazione (nascosto dentro la generica voce servizi). Nella voce stipendi circa 200.000 €: quanto inciderà il direttore proprietario? Complimenti Amministrazione trasparente e vicina alla soglia di povertà!


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Il Direttore Giuseppe Bartolucci

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