LA VERA TRAGEDIA DELL’EUROPA: SI CHIAMA GERMANIA

Una grande multinazionale straniera sta facendo firmare, in questi giorni, ai suoi fornitori italiani, contratti che contemplano la procedura da seguire in caso di uscita dall’euro e ritorno alla lira.

E’ il risultato – gravissimo – del modo irresponsabile con cui è stata gestita la crisi greca. Il contagio è già avvenuto. Il “salveremo l’euro a qualsiasi costo” di Draghi è sepolto. Nella testa della gente e dei mercati, l’euro è diventato reversibile. Lo pagheremo in termini di spread e di speculazione. Se non oggi, domani, alla prossima crisi. E il dubbio è che questo sia stato lo scopo deliberato di chi ha messo in piedi, in queste ore, a Bruxelles, una rappresentazione ad uso e consumo di un pubblico (quello tedesco) precedentemente addestrato ad una visione unilaterale e faziosa della realtà. Sangue e torture a parte, non era diversa la logica dei processi dell’Inquisizione spagnola.

Solo nello scenario di una rappresentazione si spiega la facilità con cui, fra sabato e domenica, sono circolate bozze di documenti in cui, venivano comunque menzionate ipotesi, come l’uscita temporanea della Grecia dall’euro, che i tecnici avevano già liquidato come improponibili. A rassicurare lo stesso pubblico è stata riproposta la ricetta economica di sempre: siccome l’economia va peggio del previsto, bisogna stringere ulteriormente le viti dell’austerità, con il risultato che l’economia andrà ancora peggio, gli obiettivi verranno inevitabilmente disattesi, l’austerità verrà rinforzata e la spirale perversa, già vista all’opera in questi anni, potrà dare un altro giro, sempre perchè la priorità sarebbe mettere da parte i soldi per restituire i debiti. Restituzione che resta problematica esattamente come prima. Ma, poiché tagliare i debiti inesigibili e inestinguibili resta un’eresia, pur di non ridurre la montagna del debito preesistente si preferisce aumentarla ulteriormente di un’altra ottantina di miliardi, così da trasformare la piaga in cancrena.

A questo punto, i dettagli dell’accordo – quanto cede Tsipras, cosa riesce a strappare, l’elenco delle riforme – contano assai poco. Qualsiasi numero, qualsiasi vincolo è ballerino. Inevitabilmente, sulla misura effettiva del deficit di bilancio, sulle rate di restituzione dei debiti, l’Europa dovrà tornare. Il dramma greco è destinato a restare con noi. Per arrivare a questo risultato, Berlino ha devastato il panorama politico del continente. Da Salonicco a Lisbona, l’Europa ha un “cattivo” ufficiale e parla tedesco, un ruolo che la Germania dovrebbe vivere con qualche disagio. L’asse storico con Parigi è profondamente incrinato: le proposte con cui Tsipras si è presentato venerdì a Bruxelles e che sono state ridicolizzate dai tedeschi erano state studiate insieme al governo francese. Le ipotesi di maggiore integrazione dell’eurozona, di una progressiva cessione di sovranità fiscale ed economica a Bruxelles sono severamente impiombate, almeno a livello popolare: chi ha voglia di cedere sovranità all’Europa di Schaeuble, per ritrovarsi domani pignorato il Colosseo o gli Champs Elysées?

Giusto per far capire come stanno le cose, basti pensare che negli ultimi anni, svariati miliardi di Euro, sono stati spesi dalla Grecia in armamenti, sottomarini, carriarmati, indovinate quale nazione ha fornito queste armi: la Germania. Si deve anche sapere che prima dell’arrivo di Trispras, la Grecia spendeva circa il 3,8 % del suo pil in armamenti, Tripras ha ridotto questa spesa al 2%, a rimetterci è solo la Germania……

La Germania è proprietaria dei sette principali areoporti della Grecia, controlla il 70% per cento del mercato assicurativo, insomma mettetela come volete la Grecia è già sotto il controllo della Germania, la quale adesso vuole controllarla completamente. I tedeschi bisogna dirlo sono molto bravi nel fare qualsiasi cosa, ma l’arroganza del loro “Deutschland über alles” fa dimenticare ai tedeschi l’ignoranza dei loro attuali leader politici.

La vera tragedia nel cuore dell’Europa, oggi, non è la Grecia. E’ la Germania, l’isolamento culturale, ideologico in cui vive la maggior potenza del continente. La tragedia è che Schaeuble, la Merkel, la Spd non potevano, probabilmente, per realismo politico, comportarsi diversamente. Per anni, l’establishment tedesco – dai politici ai giornali – ha fornito all’opinione pubblica una immagine della realtà europea fasulla, in cui, ad esempio, i tedeschi appaiono quelli che finanziano i debiti greci, anche se, pro capite, il contribuente tedesco ha versato esattamente quanto quello italiano. Nessuno, tuttavia, al di là del Reno, la mette in discussione. Ora, è anche possibile che i teorici dell’austerità abbiano ragione, ma l’aspetto malsano della vicenda è che l’opinione pubblica tedesca non conosce altra versione della realtà. Le critiche di premi Nobel come Krugman e Stiglitz, le obiezioni di Obama, lo smantellamento dei dogmi dell’austerità da parte del Fmi, gli appelli dello stesso Fmi ad un taglio del debito greco non sono mai arrivati all’opinione pubblica. I giornali non ne parlano, i politici neanche. Per quanto possa apparire incredibile, un dibattito non c’è. Al volante della macchina europea c’è una Germania che non riesce a staccare gli occhi dal proprio ombelico.


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Il Direttore Giuseppe Bartolucci

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