Esecuzione d’Artista: individuazioni remote (2)

 

“Molto del mondo mi sono lasciato alle spalle, molto delle sue illusioni illumina il mio cammino.”

(ranofornace) ranina picciina

Pierdomenico “ranofornace” Scardovi-Prayer on the Path-1977 (file originale)

sigaretta fuma in morsa 1

“La vita si toglie la dentiera prima di andarsene a letto.”- Lampada-1978

 

Quarta poesia del ricordo

Il mio cammino è appena iniziato
Venere estasiata!
Sugli abracadabranteschi idilli
cadono le stille del mio pianto osceno.

Ero fauno ai vetri
quando ho visto l’aria piegarsi in virgole
arricciare sopra i lauti pioppi
i tersi refoli dei suoi liquidi annaspi.

È lì che la sorte ha concesso
di vegliarmi l’anima oh Gesù…
in un umile sforzo d’amore
fra suppellettili e damascate ombre.

Mi ha spinto a errare per le campagne
calzare sandali d’ortica
soffiare piume di canna
e danzare anemocoro al vento sbadato.

Ho sentito il cuore vagare tra le onde straripanti
sgorgare il crisma sull’azzurro plaid
l’effluvio ramato del suo fogliame
all’ombra della santa quercia.

Vecchio starnuto legnoso
sei di una cosa eppure così piccola
fuori ad un immenso spazio
che è la vertigine dell’esserci.

La cassa armonica è una vecchia chiesa
lo scantinato inebriante di muffe sinopie
tra i banchi delle matite resinate
lasciano traccia di scolopendra.

L’eliso sulla soglia di Babacci
ha concepito un amore in quella stanza
infiorato lieviti alle carni
indaci raggi di baci immani.

Oh madre della terra madida!
Frugare la veglia il disturbo si paga…
quello che era poteva essere
la verità mai emersa, l’impossibile vita.

Ora i tuoi occhi sono cimbali silenti
tremuli soli di marzo
sulla rugiada del mattino
pungono le violette nei prati primaverili.

Dispensato da ogni dovere
hai concesso alle mie lacrime
come trilli di sonagli sgangherati
dealbare alla loro intima sorgente.

Picchiettare sulla graniglia esagonale
trombe di docce e pifferi di stelle
fiocchi di trine spettinate
brillare in tasca alla sera.

Pierdomenico “ranofornace” Scardovi” 1978

 

nota

Ancora voglio parlare delle stesse cose in modo nuovo e diverso dalle precedenti volte. Come tutti, come tanti, anch’io mi diletto a poetare. Dodici strofe a quartine in versi liberi “neo-decadenti”, tentano di insinuarmi fra i capelli,  negli occhi, nelle lacrime, nei mattini e nelle sere della poesia di sempre. Uno stile, una certa lirica, caricano la parola di responsabilità,  provvedono e ipotizzano che la verità possa meglio trovare sostanza nella partitura formale dettata dalla mia personale sensibilità. Il volto della verità ha qui ancora una volta quello del pensiero a ritroso, nel senso che gli spunti provengono dalla memoria che fa apparire le immagini e le parti narrative, solo come resoconto percettivo di un condensato di fatti e momenti accaduti che si legano fra loro per similarità metaforica. Queste parti si prendono, si relazionano per ragioni ancora più profonde in un discorso, come dire…”metafisico”, fuori dal contesto narrativo. Ed è lì, che il potere occulto e oggettivante dell’arte opera. Partita dalla condizione soggettiva dell’autore attraverso il testo, la “poetica” smuove, offre al lettore i semi di qualcosa comune ad ognuno di noi,chiamiamolo sentimento delle cose, del tempo, chiamiamola verità.

“Poesia d’immagini, poesia di suoni”, ecco la differenza. Una poesia concentrata sulla forza delle parole organizzate in modo tale da produrre solo legami metaforici non è sufficiente ad estrinsecare le potenzialità dell’arte poetica. L’armonizzazione delle parole, costituita da fluttuazioni sonore, stacchi, riprese, cadenze, cambi di ritmi, danno la coloritura e la profondità dello spazio visionario; un contesto fondamentale al movimento delle figure dell’immaginazione prima ancora del loro significato. La parte del contenuto della poesia che esula dai suoi significati, è la musicalità da essa propagata, una linea con una sua conduzione (l’aspetto fonico-sonoro). Difficilmente una poesia si pone costantemente sullo stesso registro, essa raccoglie attorno a sé momenti il cui contenuto è di specie differente; di pensieri, di immagini, di suoni, ecc. Ognuno di questi momenti è indispensabile a provocare e interagire con gli altri per scatenare la conseguenza stessa della loro reazione in una convivenza complice. Quando la poesia riesce a unire in un legame di reciprocità i significanti ai suoni, i significati all’armo/melodia, in un rapporto indissolubile della forma e del contenuto, nella concentrazione fonica-sintattica-lessicale-semantica, difficilmente manca di rigore formale e raggiunge sempre il suo più alto grado espressivo.

Noi viviamo solo quando facciamo parte  di quel rapporto fra tempo e coscienza. Cosa ne sarebbe stata della nostra interiorità se il tempo non avesse impigliato fra le sue maglie strascichi di attimi di vita vissuta? tempo e coscienza per mezzo della memoria si fondono nello stesso malloppo, fagocitati dalla stessa bestia che è il dramma insoluto e insolubile della vita che fugge. Quanto amore brucia in questo bisogno di vivere? Noi siamo la barca che  lascia una scia, come un solco le parole tracciano, aprono e chiudono ferite che il mare del tempo raccoglie e restituisce sotto forma di sentimento, nell’appropriazione, nella rivelazione della parola “esatta“. A questo proposito: “L’arte si è vestita di bellezza, ha preso le sembianze della natura cogliendone l’equilibrio e l’armonia ed è stato il suo più grande limite nei secoli, nei millenni, riuscire a dimostrare la propria pertinenza al più alto grado del pensiero: – la comparabilità del linguaggio alla realtà pura della verità*.” (da: “appunti personali per una metafisica della creazione” – ranofornace 1979) *(“verità”- in seguito allargherò il coinvolgimento di questo vocabolo in riferimento alla poesia e all’arte in genere).

“Prayer on the Path“, “Preghiera sul Sentiero”, è un brano musicale eseguito nel 1977, che accompagna questo mio ritorno ai valori del tempo. Un sentiero melodico improvvisato sulle note di un canto semplice e sentito; ha il sapore dell’emozione che lascia un vuoto incolmabile nell’attesa di recuperare qualcosa che affiora alla fine di tutto. Proprio come una scia della nostra presenza che ci distoglie per un attimo dalla dimensione quotidiana, per ricordarci che era, che poteva essere e avremmo voluto che fosse per sempre, il nostro tempo.

“Lampada” – “La vita si toglie la dentiera prima di andarsene a letto.” è opera concettuale del 1978. Continua la mia prosa ineluttabile e martellante delle “cose che non rimangono…”. Una sigaretta accende una fievole luce che non illumina altro che se stessa. Tra le tante cose a cui allude, è un punto imposizionato nel buio contestuale che la circonda, nello spazio di tempo di pochi e sufficienti attimi per rendersi conto di quanto sia breve e ricca d’attesa la vita.

“Occorre poco all’arte per salvarsi, è sufficiente che percorra le tracce lasciate, i segni del proprio passaggio sulla coscienza di questo mondo così propenso a divorare ogni tentativo di permanenza.” (ranofornace)

sasso nello stagno

 

 

 

Grazie dell’attenzione.rano 2

Pierdomenico Scardovi

 


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