Amon Duul II: Yeti

 

dome seppia

 

 

 

 

 

“La luce

chiamata dal buio

ha Il coraggio di varcare

la soglia della nostra coscienza.

ranofornace

 

Amon Duul-Archangels Thunderbird

 

amon duul color 3 Usare la musica agli inizi della sua evoluzione come materia fagocitante, in un tumulto di forze primordiali e animalesche, questo sono stati gli Amon Duul II.

Solo in Germania poteva accadere d’inventare un “genere” mentre in Italia (salvo casi rari) si andava svolgendo il compitino progressive, ma come il “progressive”, anche il “krautrock” è stato un (non) movimento di manifestazioni eterogenee, fino a quando non ha subito la sua storicizzazione.

amon duul 2L’esperienza psichedelica sessantina aveva scosso la quiete, aperto evanescenze, inserendo nella fruizione musicale il “gradiente psichico”, come elemento aggiuntivo dell’estetica musicale per acquisire nuovi livelli di profondità emozionale. Alla fine del 1969 in Europa, tutti i musicisti visionari avevano esigenza di mettere a fuoco senza interferenze pop, la dimensionalità acida e liberatoria scoperta dai padri precursori in ambito rock e non solo. Specie in Germania Ovest la nascente Kosmische Music aveva annichilito il barocchismo nostalgico e melenso del merseybeat, destrutturalizzato la forma e scavato le fondamenta del Krautrock. L’identità musicale germanica vagava fra le nebbie, all’alba del lungo kraut-trip verso le stelle (o verso gli inferi), ma di lì a poco si “concretizzò” sempre più ad opera di gruppi come “Tangerine Dream”, “Cluster” e “Faust”. Depositari di questa responsabilità storica furono gli Amon Duul O-I-II. Gli Amon Duul O, era un trio di free-jazz, gli Amon Duul I era diventata invece una comune hippie altamente politicizzata autori di un ottimo album di jam post-flower come “Paradieswarts Duul”; ma i tratti spiccatamente germanici si evidenziarono dopo la loro scissione negli Amon Duul II, che spinti dagli “inni ventosi dell’avanguardia contemporanea” sposarono l’essenza della tradizione teutonica gotico-profana del ” pittoricismo” delle Valchirie wagneriane e dei Carmina Burana di Orff, con l’apoteosi acida della psichedelia californiana e texana, nonché l’impeto aspro della rumoristica velvetiana.

La seconda metà degli anni ’60 rappresentarono il momento di sintesi di questa esperienza, sovrapposizioni simultanee d’idee e concezioni. Ma l”idea di una “identità germanica” post bellica è stato sempre una fissazione nella cultura tedesca più di ogni altra parte d’Europa, occorreva quindi proiettarsi in avanti superando le istanze prodotte dal rock & roll.  A tutto ciò, gli effetti della presenza in Germania Ovest di un genio come Karlheinz Stockhausen sono stati enormi sull’avanguardia teutonica, era molto conosciuto e considerato, divenendo l’emblema stesso della nuova Germania.

Amon Duul-The Return Of Ruebezahl

amon duul colore 2La spinta innovativa della lezione del “concretismo sonoro” in “Hymnen” di Karlheinz Stockhausen del 1966, aveva segnato l’epoca verso l’apertura mentale, influenzato e ispirato moltissimi musicisti in ogni parte del mondo. In Inghilterra nel 1967 il collettivo di “Hapshash and the Coloured Coat” aveva effettuato una delle prime jam psichedeliche abbastanza caotica senza preordinamenti, nel ’68 gli “Amon Duul I registrava una lunga jam di quarantotto ore per poi raccoglierla in tre lp. Le composizioni dei “Can” di “Monster Movie” nel 1969, quasi tutte improvvisate in lunghe jam-session psichedeliche, avevano aperto il campo ingerendo il fluido improvvisatorio dell’avanguardia contemporanea mitteleuropea e spazializzando gli “Ultimi Spinaci” bosstowniani  con i “Crucchi Krauti” arcaico-minimali conditi al dilagante pessimismo dalla linea planetaria claustro-nichilista dei “Velvet Underground”.

Il Krautrock tedesco è stato una sorta di culto misterico primitivo di tipo sciamanico e selvaggio, atto a catturare e liberare le residue energie rock per confluirle in un marasma crucco-psiconautico che potesse essere alternativo alla maniera ricercata e cerimoniosa della musica in voga all’inizio degli anni ’70, un culto estatico e orgiastico. Siamo fuori dall’estetismo del progressive anglosassone, concentrato com’era a superare l’acidità dell’esperienza psichedelica, conservandone a volte solo l’atmosfera rarefatta, elaborata come un paradigma letterario, bensì dentro ad una tendenza compulsiva mono-tonica che contrasta l’evoluzione compositiva degli interventi strumentistici fino all’evanescenza elettronica.

Amon Duul-Eye-Shaking King

amon duul liveGli Amon Duul II invece, nella loro continua evoluzione si trascinavano dietro il caos dei texani “Red Crayola” di “Parable On Arable Land”  e la follia dei “13th Floor Elevator” bagnati dalle “piogge acide” della Bay Area. I Can tesero al “raffreddamento” e allo “svuotamento” dello spazio sonoro impostando lo stilema ritmico-tribale prolungatamente spontaneo, che influenzò gli “Hawkwind” di Robert Calvert in “Space Ritual” del ’73;  gli Amon Duul II, al suo eccessivo riempimento iniziando dal loro primo lavoro “Phallus Dei” in cui trapelavano dissonanze e rumorosità elettroniche germinate da “Hymnen”, la madre evolutiva di tutto il “rumore cosmico”, compreso quello di “Electronic Meditation” dei “Tangerine Dream” di Edgar Froese e Klaus Schulze. Gli Amon Duul II disconoscendo “A Saucerful Of Secrets” frutto di “ignoranza subdolamente borghese”, sono stati i figli illegittimi del Barrett pinkfloydiano, nel senso del rigurgitamento di insopportabili pulsioni esistenziali emanate sopratutto dall’uso massiccio di chitarre elettriche rivolte verso gli inferi.  Il loro secondo album, il doppio lp “Yeti” del 1970, il capolavoro seminale di tutta la “trascendenza tedesca” è la prova matura della loro ideologia: “Non esiste la realtà, se non quella annidata nel nostro inconscio”. Il doppio album è improntato sull’improvvisazione, sulla monotonalità e sulla ossessiva cadenza del suono “autenticamente gotico” (non spettacolare).

Line-up iniziale era composta da Chris Karrer (violino, chitarra, chitarra 12 corde, voce) , Peter Leopold (batteria), Falk Rogner (organo), John Weinzierl (chitarra, chitarra 12 corde, voce), Dave Anderson (basso), Christian “Shrat” Thierfeld (bongo, voce) e Renate Knaup-Krötenschwanz (voce, tamburello).

amon duul colore“Yeti”, è un lavoro truculento, feroce, spietato, truce, spaventoso, terrificante. Non basta? Un rosario di litanie ossessive fuoriuscite dalla falla psiconautica dei suoi spazialisti dell’inconscio, da cui sgorga un sound abissale fatto di rimorsi metafisici e spettrali. Bene… Tutto questo senza senso di rappresentazione, ma dentro al DNA e nelle corde dei suoi “fantocci dannati”!

La prima traccia “Soap Shop Rock”, è una suite lunga più di tredici minuti di delirio mistico-tribale chitarristico improvvisato, in cui aleggia il canto dannatamente angelicato della “valchiria dall’alto tasso vulvico” Renate Knaup-Krötenschwanz, dialoga in seguito con la voce interpretativa di John Weinzierl, la jam muta ritmo nella persistente coordinata mono-tonica e apre a varianti armoniche saltuarie, dove fa apparizione il violino diabolico e petulante di Chris Karrer. “She Came Through The Chimney” è un mugugnio di archi caleani.

“Archangels Thunderbird” incalza spavaldamente sulle note vocali di Renate Knaup -“coda del rospo”, le chitarre rintoccano un’apoteosi festosa a morte alla “Velvet Underground”. “Cerberus” è una jam strumentale etno-acustica che evolve in distorsioni elettriche. “The Return Of Ruebezhal” , è un riff gravoso e glorificante di chitarre acide che annunciano lo “spirito della montagna” delle leggende pagane. In “Eye-Shaking King” la litania celebrativa di chitarre distorte assume connotati esoterici-mistici, per poi lasciare lo sfogo all’improvvisazione. “Pale Gallery” è una creazione spaziale inquietante a cadenze percussive.

yeti cover“Yeti” (Improvisation)” e “Yeti Talks To Yogi (Improvisation)”  sono due  lunghi brani di ricerca lisergica, colonne portanti di tutto l’album, la dimensione di estrema concentrazione alla ricerca e all’intesa, produce esaltanti e magnificenti condense spaziali. La prima suite mono-tonica in distorsione chitarristica continua, è un’ascesa agli inferi, una deificazione sinistra presa dal delirio e dalla follia. Effetti di mitragliamenti bellici e lancinanti sferzate di dolore annunciano l’altra faccia della vita e del mondo. La seconda improvvisazione riprende il tema lasciato in precedenza con  l’incedere di un organo misterioso e smarrito che accresce la suspance creativa, l’orgia sonora assume valori lirici assoluti nei canti sirenici. Pessimismo alla Velvet Underground e linguaggio verbale oltraggioso e blasfemo in una “trance delirante” senza precedenti esempi. Dopo il lungo e allucinante viaggio, la realtà più rassicurante di “Sandoz In The Rain” si scioglie in una jam hippie distesa e sognante di stampo orientaleggiante cantata a preghiera con tabla, chitarre acustiche, flauto e violino.

Amon Duul-Pale Gallery

Il “nano falcia vita” sulla cover di “Yeti” miete ogni velleità catartica, è la rappresentazione dell’intolleranza al legame col passato. Gli Amon Duul II erano convinti che la loro musica fosse una pratica mistica, una sorta di culto sciamanico istintuale, un flusso ancestrale sgorgato dalle falle dell’essere che potesse liberare l’energia vitale insita nell’accorciamento del tempo tra meditazione e liberazione. L’improvvisazione era questo tempo. “Yeti” rimane un’opera importantissima, una tappa fondamentale nella storia della musica rock, un modello per le generazioni future di musicisti tedeschi e non. Tutta la linea visionaria della musica “rock” fino ai nostri giorni, passa da questo straordinario lavoro, oggi conserva ancora tutta la sua carica dirompente e dissacrante, sopratutto per coloro che intendono la musica “una torcia atta a sondare l’emorragia sotterranea di forze primordiali insite nell’uomo”. Imprescindibile!

rano 2

valutaz.*****

Pierdomenico Scardovi


RIPRODUZIONE VIETATA © BELLIGEANEWS.IT

su "Amon Duul II: Yeti"

Lascia un commento

il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.