The 13th Floor Elevators: Psychedelic Sounds of 13th Floor Elevators

 

 

dome seppia 2“Salire

scendere

è giunta l’ora

di aprirsi al mondo… 

sui gradini della conoscenza.”

ranofornace

13th Floor Elevators-Youre Gonna Miss Me

13th piramide 613 sono i gradini della piramide esoterica della conoscenza impressa nella più famosa banconota del mondo, il 13° piano dell’ascensore viene eluso nei grattacieli. Siamo negli Stati Uniti.

Correva l’Anno Domini 1966, l’ala gestante di quel crocevia di destini musicali che fu il ’67. Solchi tracciati da opere epocali come “Takes Off” dei Jefferson Airplane, “Pet Sounds” dei Beach Boys, “First Album” dei Fugs, l’anno di “Freak Out!” di Zappa, delle prime registrazioni di Virgin Fugs” e di “Velvet Underground & Nico”, anno in cui scorsero i flussi ideologico-musicali di tutto il restante secolo XX.

13th 2In questo marasma vorticoso e dipanante, le prime forme di psichedelia arcaica e ribelle emanavano i loro indistinti vagiti. Gruppi come Blues Magos con “Psychedelic Lollipop”, The Seeds con “A Web Of Sound”, Butterfield Blues Band, con “East-West”, Count Five con “Psychotic Reaction”, univano fra loro esperienze di diverse provenienze, tra queste vi era una band dalle idee molto insolite, il “13th Floor Elevators”, che più di altre  si affacciò spregiudicatamente al baratro della follia, dovuto all’uso massiccio di LSD e marijuana, ma capaci in quei giorni di uscire dalla monotonia ripetitiva del garage, con uno stile aperto e arricchito, espresso nel loro primo lp “Psychedelic Sounds” (international artists 1966). Il primo vero audace manifesto di psichedelia americana della prima ora, il prototipo dell’acid-punk-garage-psych più rabbioso e ipnotico che sia mai stato coniato in quei primordi ad opera dell’allora misconosciuta band texana di Austin, entrò successivamente di diritto nella storia della musica rock. Album stupendo, dall’inconfondibile copertina psichedelica, una delle più belle che siano state mai disegnate.

 

13th Floor Elavators-Splash 1 (Now I’m Home)

Il genere a primo ascolto è travisabile, la band imbastì con venature folk, il garage blues ancora ben radicato,  mescolandolo con il jolly acido della nuova follia utopistica: la psichedelia,  ed accettava spunti stilistici dalla “British Invasion” ad opera di gruppi come Yardbirds e Kinks, uniti ad una certa dose d’istinto rivoltoso che hanno fatto presagire ante-litteram, al punk.

13th 313th Floor Elevators, la magica jug-psych band di Roky Erickson (voce, chitarra, armonica), Stacy Sutherland (chitarra), Benny Thurman (basso), John Ike Walton (batteria), Tommy Hall (jug elettrico), dal profondo south alzava la voce sugli aridi deserti texani. Chi era Roky Erickson? Un frek “pazzo sfrenato” alla maniera di Kim Fowley, Sky Saxon, Lou Reed, Mick Farren, Iggy Stooges, Arthur Lee, ma aveva in sé come alcuni altri, un tocco d’innata follia ben addestrata dall’uso smodato di stupefacenti. Fu messo in galera, internato in ospedale psichiatrico, ebbe attacchi di schizofrenia paranoide, fu sottoposto a elettroshock. Insomma, nonostante tutto parliamo di un geniale innovatore, del leader di un gruppo ritenuto oggi all’unanimità fra i primissimi per importanza, come promotore della vasta “circoscrizione psichedelica”.

13th jug 6

“Psychedelic Sounds” come dice il titolo, è un disco che attesta il “genere”, quando la parola scarsamente usata e non ancora unita alla nascente musica, andava appunto menzionata in quell’anno di fervori esistenziali. Tutto il disco ha la particolarità di essere intaccato costantemente dal suono del jug elettrificato, una giara o bottiglione usato come strumento musicale che non era una novità, ma che lo divenne quando fu elettrificato da Erickson, una vera e propria diavoleria dal suono ironico ed estraniante (d’altronde si credeva un marziano), che aggiunge ai brani un gradiente esotico e beffardo.

 

13th Floor Elevators-Dont Fall Down

13th 911 tracce pseudo artigianali (peccato, sarebbe meglio se fossero state 13), riverberate dall’assonanza metallica che ha connotato la musica nella prima metà degli anni ’60. Quasi tutte le tracce sono caratterizzate dal riff chitarristico iniziale, per questo disco di ossessionante psichedelia reiterata in cui non si avverte la benchè più minima divagante rarefazione spaziale, apparsa subito l’anno dopo stando in America, ad es. in “I Shall Not Care” di “One Nation Underground” dei “Pearls Before Swine” di Tom Rapp o in “May I Light Your Cigaret” di “The Eyes Of The Beacon Street Union” dei B.S.U. La rigidezza strutturale  del disco invece, è tipica di quei momenti incerti ancora troppo presenti, un retaggio dovuto al rock & roll  ed al rhythm & blues.

13th 5Si parte dal capolavoro firmato Roky Erickson “You’re Gonna Miss Me”, lo splendido e inconfondibile manifesto garage-proto-psych americano, riff chitarristico in pieno stile, per il grido pazzoide del suo leader che mette subito le cose in chiaro,  sfodera un ritornello liberatorio a dir poco esaltante con finale ad armonica a bocca sguaiata. “The Roller Coaster”, altro riff metallico e riverberato (come il battito di un utensile sullo scafo di una nave), su una struttura blues che cambia ritmo tra grida e sbeffeggiamenti jug. “Splash 1 (Now I’m Home)” è un bellissimo brano nostalgico che ricorda molto alcune cose dell’omonimo dei “Love” del ’66. L’effettato “Reverberation (Doubt)”, ha una coloritura electropsych dal canto doppiato. “Don’t Fall Down” è un’altro pezzo conosciuto del “tredicesimo piano”, una ballata folk snaturata con rimandi al successivo “Cauldron” dei “Fifty Foot Hose”.

13th erickson 4Fra inquietanti sirene d’auto, avanzano echi garage  in “The Fire Engine”, ferroso magma psichedelico su struttura blues. La beguine ticchettata della solita chitarra di Sutherland in “Thru The Rhythm”, funge da teatro per solipsismi vocali di Erickson. Dopo un differente e brevissimo tono di plettro, in “You Don’t Know” ricompare l’inconfondibile suono “cromato” della chitarra di Sutherland, per una ballata folk dal fondale acido che muta ritmo nel finale. “Kingdom Of Heaven”, scritta da John St. Powell (trasferitosi negli anni ’60 in California), è  parente di “Signed D.C.” dell’omonimo dei “Love” del ’66, stupenda ballata cadenzata densa e matura per un salto nel futuro psichedelico più prossimo.“Monkey Island”, sempre di John St. Powell è un classico rhythm & blues mascherato alla maniera arrabbiata e tignosa del suo capo “marziano”, ribolle di petulante jug nel pentolone lisergico del south. Infine il blues ritmato di “The Tried To Hide”, chiude la rassegna rumoristica a rintocchi “bicchieristici” e svisatina. Diciamo che per buona parte di “Psychedelic Sounds”, il canto di Roky Erickson ricorda molto, anzi si confonde con quello di Sky Saxon, “un ringhio isterico ossessivo”, ma in fondo il momento e il garage lo richiedevano.

 

13th Floor Elevators-You Dont Know

13th jug 7Sul retro della copertina è riportata l’effigie del noto simbolo esoterico e massonico della piramide della conoscenza, il disco rappresenta in fondo uno dei primi tentativi di “concept album”, su questo tema, del suo allargamento e quale miglior alleata per tale slancio può essere, se non la “Dea Lisergica”? Riporto a tal proposito uno stralcio della presentazione del disco fornita nel retro cover che inizia citando Aristotele e poi Einstein.

“Recentemente è stato possibile per l’uomo alterare chimicamente il proprio stato mentale, in modo da cambiare il proprio punto di vista (che è, in definitiva, la propria relazione basica con l’esterno, che determina il modo in cui archiviare le informazioni). L’uomo, poi, può ristrutturare il proprio pensiero e cambiare il proprio linguaggio, così che i propri pensieri possano produrre più relazioni con la propria vita e i propri problemi, avvicinandolo, in questo modo, ad essi in maniera più equilibrata. Questa è la ricerca alla base delle canzoni di questo disco.” firmato The 13th Floor Elevators.

13th piramide bellaNon so se ciò sia effettivamente avvenuto nella vita degli uomini, ma il prezzo pagato da numerosi musicisti per riacciuffare il “Paradiso artificiale”, con quello che ha prodotto l’LSD, sicuramente è stato grande, per consegnarlo a noi, mortali consumatori di musica. Oggi vogliamo pensare che per “toccare ancora il cielo con un dito”, basta scavare nel crogiolo delle nostre illusioni, aiutati magari da una splendida musica come questa, pagata col prezzo della disfatta interiore. Grandi The 13th Floor Elevators!

rano 2valutaz.*****

Pierdomenico Scardovi

 

 


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