MUSICA SENZA: “memoria della MATERIA della memoria” da “Passatopresente”

 

rano 2“Non mi sono mai fidato di me stesso, ma solo del mio bisogno di conoscere.”

ranofornace

quadro lampadina 1979

Pierdomenico Scardovi “La  forma della Materia” 1979

 

 

memoria della MATERIA della memoria

 

Dentro ai sassi? Il pensiero del mondo

Dentro la mia testa tutti i sassi buttati

Il pensiero pudico

E gli scarti

Dell’umanità intera.

 

1976 – Pierdomenico “ranofornace” Scardovi

 

nota – La poesia “memoria della MATERIA della memoria” fa intendere come già negli anni ’70, il sottoscritto viveva il suo rapporto con la materia inscindibile alle cose e alle forme pur primitive o essenziali che fossero e di quanta fiducia avesse nelle sue potenzialità ad inglobare le forze e i segreti dell’esistente. Questo differente modo di porsi nei confronti di “madre natura” nelle forme elaborate e congeniali, ha fatto si che queste gli abbiano regalato emozioni e “riempito” i più bei momenti della sua vita.

L’immagine fotografica “La forma della materia” del 1979,  tratta della ricerca della conoscenza, una sua metafora, come la luce ad esempio, che apre spiragli nel buio.

Breve spunto analitico – Da un’analisi linguistica, trapela che l’opera di Luigi Poiaghi “Passatopresente”, rivendicava un evidente aspetto metonimico (significante) su una catena metaforica sempre più allungata (il suo significato), un primato della materia (da costruzione) e della forma, espressa nelle strutture di base (irregolarità magmatiche dei sassi e parallelepipedo), che volutamente non trascendeva se stessa verso una mimesi referenziale (la cosa riconoscibile a cui si riferisce), ma si dirigeva nella direzione sempre più impalpabile degli scambi metaforici. Questo “squilibrio” di entità semantiche e la non corta catena del significato,  insita in “Passatopresente” è stata determinante a  non favorire l’istantaneità della codificazione, “un peccato che non gli è stato perdonato”. Ma per l’arte e per l’artista, questo è l’ultimo dei problemi. Un accenno va alla base riquadrata (una scelta armonizzante voluta dal suo artista) con le impronte umane, questi segnali vettoriali, appartengono ad un codice connotativo di differente livello da quello della gabbia di sassi, ma si rapporta inscindibilmente (il basamento tutto), innescando quella “scintilla luminosa” della domanda (?), che coinvolge tutta l’opera ad esporsi in un vortice poetico senza freni e limiti.

E allora, “chi è senza peccato scagli la prima pietra”, probabilmente c’è stato qualcuno che si è sentito in grado di decidere. Ma ricordiamo a tutti che l’arte moderna, specie quella contemporanea è basata sul primato della metonimia, sul suo asse orizzontale che è divenuto sempre più corto e diretto, contrariamente al suo asse verticale (della metafora) che si allunga e  si dirama esponenzialmente. Non possiamo percorrere tutto l’asse metaforico, ma solo qualche passaggio e prendiamo certamente coscienza dell’asse metonimico, oggi più che mai individuabile. Questo fatto permette all’arte contemporanea di compiere un affascinante  percorso di ricerca e di autoanalisi. E “Passatopresente”, coi suoi 36 anni, rientrava ancora pienamente dentro questa categoria. Che ne vogliate o no, col suo “peso specifico” emanava il fascino della ricerca conoscitiva, non della sua, ma della vostra.

L’identità artistica di una società, basata sulla mimesi (il più alto grado di elaborazione metaforica) come fonte di riconoscimento della realtà, che si fonda sulla forma allusiva anziché sulla sostanza che la sorregge (la materia) e quando quest’ultima prevarica la sua funzione “servile”, diventa un problema per la codificazione artistica. L’”occhio” non allenato a guardare oltre l’apparenza o che si fida ciecamente dei “presupposti dell’armonia naturalistica, così come la conosciamo oggi”, identifica il valore e l’accettazione in rapporto al grado di riconoscibilità al referente, una direzionalità  tautologica, come assioma principale, ma non l’unico, degno a supportare ogni tipo di materiale e forma impiegati. L’impreparazione ad accogliere il fenomeno dell’arte, da parte di chi crede di possedere gli strumenti giudicativi e analitici senza adeguate informazioni, non preclude alla percezione isolata della “bellezza” rivolta anche alla “questione astratta” insita in tutte le culture, che contiene i germi dell’armonia e dell'”equilibrio universale”, da sempre. Tale assioma diventa però forma d’impedimento, pericolo alla conoscenza allargata dei fenomeni artistici e della loro complessa natura, specie quando questo, viene usato come il solo presupposto valutativo.

Sono sempre stato convinto che “Passatopresente” nella nostra Bellaria, fosse un punto focalizzato di conoscenza, uno di quei rari luoghi dove potersi arricchire, si, proprio così, ora però credo che siamo tutti un pò più poveri.

Onore a “Passatopresente” di Luigi Poiaghi

Grazie del vostro paziente interesse. Pierdomenico Scardovi


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