Ma questo piano strutturale cos’è

Sarebbe stato molto stimolante ascoltare  nell’ultimo Consiglio Comunale  interventi sul futuro della nostra città per un dibattito  pieno di stimoli e suggestioni che ci dessero un minimo di entusiasmo, abbiamo per contro assistito a le solite misere argomentazioni piene di luoghi comuni  e di banalità . Non vi è stato nulla che lasciasse intravedere uno scatto in avanti  della nostra collettività.

Purtroppo le risultanze sono state scadenti,  più rivolte al passato che al futuro,  coi soliti intenti polemici come se non vi fosse altro che la diatriba fine a se stessa,  senza risposte che quelle scontate del compitino,  giusto per riempire  i tempi cronometrici del dibattito.

Otto anni per prendere atto  praticamente di ciò che c’è con qualche piccolo aggiustamento.

Non siamo pratici di piani strutturali ma quando andiamo su internet il primo che ci si presenta, pur vecchio di dieci anni,  è quello di Ravenna.  Non è certamente un capolavoro ma vi cogliamo un’indagine più profonda dell’esistente,  una individuazione puntuale dei punti cruciali e qualche tentativo di dare risposte attive.

Da noi si constata  che nel giro di meno di venti anni si giungerà al raddoppio della popolazione rispetto al precedente piano  ma non vi sono analisi su come questa popolazione dovrà vivere e non sopravvivere nei prossimi quindici anni.

Di tempo se ne perso tantissimo, le scelte strategiche non sono state fatte è solo una difesa dell’esistente, di una economia matura che richiederà mezzi sempre più ingenti per preservarla.  Si parla di modeste integrazioni: l’esistente solo l’esistente.  Non c’è nemmeno il tentativo di prefigurare una città che vorremmo in cui  le 10.000 famiglie previste dal piano possano trovare minime sicurezze.

Come vivranno queste famiglie, di cosa vivranno, quale sarà il loro tenore di vita? Ma prima di dare queste risposte manca  ancora il come vivono ora o meglio come stanno sopravvivendo diverse delle ottomila famiglie attuali.

Abbiamo già detto quando abbiamo parlato di bilancio che non siamo neanche all’ABC  della conoscenza dei nostri cittadini e della nostra città.  Come possiamo cogliere quello che è da cambiare, quello che si deve conservare e quali sono le vere potenzialità? Cosa pensano di fare i nostri concittadini per migliorare la loro qualità della vita nelle varie componenti che la formano. Non basta fare belle previsioni come poteva essere quella del Parco della Musica(che si è poi rivelata irrealistica) ma bisognava fare unna specie di check up di ogni necessità. Fra queste citiamo;

–        come far crescere il PIL della nostra città

–        come favorire la nascita e l’arrivo di nuove imprese

–        come far crescere gli investimenti

–        come creare nuova e vera occupazione

–        come impostare le politiche giovanili

–        come rispondere all’invecchiamento della nostra popolazione

Sarebbe stato bello vedere il Consiglio Comunale dividersi fra chi aveva le migliori idee per il progresso della nostra città.  Ma purtroppo non è stato così. Ci affidiamo al destino, alla casualità confidando che alcune pance continuino rimanere  piene e non sentendo alcuna responsabilità per le ottomila famiglie (i nostri concittadini che incontriamo per strada) . Nella migliore delle ipotesi si arrangeranno  o se ne andranno e se capiterà qualche occasione l’afferreremo………. forse.

Mi viene sempre in mente l’immagine della vecchietta che possiede un negozio da tantissimi anni che sferruzza sulla sedia davanti alla porta  pronta a lasciare cadere il gomitolo nel cestino per seguire l’avventore che è “capitato” ed entrando dietro di lui.  C’è molto da fare invece, a cominciare dal recupero dei tanti anni persi  e delle scelte sbagliate ed è per questo che ci aspettavamo dopo tanta attesa e in questa crisi mondiale,  dei bravi traghettatori, che ci mostrassero cosa ci poteva essere sull’altra sponda.

Fra qualche anno l’economia ripartirà, il mondo occidentale sta riscoprendo il valore della manifattura. I tempi della finanza che garantiva guadagni senza far nulla sono finiti. Si riscopre il valore sociale del lavoro, della produzione i pilastri del benessere che venivano fino a poco tempo fa quasi irrisi e noi non ci faremo trovare pronti.


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