The Doors: The Doors

dome punta di palata 1 014“Noi abbiamo visto non ciò che è

ma ciò che crediamo di aver veduto

e sentito…”

ranofornace

The Doors-The End

morrison 1morrison torso nudothe doors gruppo 5Farò torto alla mia intelligenza e a quella di molti di voi, ma parlerò col cuore. Lasciatemi dire che l’ultimo genere musicale che può vantare “onorevolmente” il primato dell’innovazione, fu il punk. L’ultima, “avanguardia storica” musicale che può fregiarsi  della “funzione seminale”, quella di spargere i germogli nell’oceano della storia che ha inghiottito i suoi ibridi frutti.  Si, perché dopo, ( da non sottovalutare), andò sfumando il sodalizio idealistico fra “arte musicale” e aspettative generazionali: jazz-blues-rock & roll, rhythm & blues-hard-psychedelia-progressive-punk, nella loro collocazione storica fecero furore. Prima di quest’ultimo, tutto, dopodiché nulla o quasi (fu come prima). Dagli anni ’80 in poi, la ricerca innovativa divenne ragione primaria, vera e propria fissazione e ci fu chi tentò ostinatamente di cavalcare l’onda dell’originalità, accomodandosi sui divani dei nuovi salotti rivoluzionari, a sorseggiare the speziati della “nuova compagnia delle indie” o a pranzo  a degustare minestre riscaldate e polpettine, prodotte dalla tecnologia ingegneristica  della snobbante “nouvelle cuisine” e dopo cena a “rimescolar le carte”. Questa onda non è ancora giunta alla sua deriva. Detto questo, mi sono tolto un fastidioso sassolino un pò pesante, che da tempo assediava le mie vecchie “suole di vento” ed ora posso “volare lontano, assai lontano…, sugli stagni di belverde”

morrison 2 La filosofia storicizzata è l’utopia hippie, l’arte in questione è la psichedelia in musica e come ho già detto essa rientra nell’ambito rivoluzionario. Ad aprirsi verso una nuova era, nella sua forma più ipno-poetica, saranno le “Porte” di Jim Morrison, alias “Lizard King”, Robby Krieger, Ray Manzarek e John Densmore, che sotto il sole cocente della California daranno vita nel 1967 a “The Doors”, il primo ed unico vero grande capolavoro di “arte lisergica” del gruppo di Los Angeles. Erano gli anni della controcultura americana che sfociava nelle pratiche liberatorie della “peace and love” attraverso le nuove conoscenze culturali; dalla psicanalisi di Freud, alle filosofie orientali, punto di riferimento verso una definizione endocosmica introspettiva e individualista di massa, già intravista nei micro/macro “dripping” di Jackson Pollock, nella poesia “pulsionale”e “soggettivista” dei “poeti maledetti” a quella rivoltosa della “beat generation”, nonché nell’”arte totale” degli happening del gruppo “Fluxus”. E allora, “dopo i limiti formali del Medioevo…, Il Rinascimento!” Ma come i fondi dorati dei trittici del trecento lasciarono il posto alle aperture paesaggistiche del quattrocento, la rigidezza impermeabile del rock and roll e del rhythm and blues si sciolse nella nuova consapevolezza, in aperture musicali molto più morbide ed evocative, veri e propri “flussi di coscienza” creativi, attraverso l’ausilio di droghe. L’LSD in primis, (ed anche anche hashish, marijuana, eroina), per il peculiare potere allucinatorio è la “fata Morgana”, (il miraggio maledetto dei navigatori celtici),  lo specchio deformante di “Alice oltre lo specchio”, che avrebbe fatto vedere e sentire cose  inesistenti in sobrietà, escludendo ovviamente la malattia mentale. Con l’acido lisergico, “The Doors”, le colonne d’Ercole della psichedelica americana, si aprono per condurci in viaggio, oltre i confini dell’apparenza.

the doors gruppo 3 Il genere è un rock-blues psichedelico non troppo potente, nelle premesse e nei risultati. I Doors sono stati un gruppo abbastanza controverso, sia per la figura discutibile del suo leader Jim Morrison, cantante e poeta, artista (esibizionista per molti), voce superba e sensuale riconosciuta oramai universalmente, quanto per il loro risultato sonoro e musicale, questo accadeva specie tempi addietro, sopratutto da parte di quelli che ancora non si erano somministrati  buone dosi di psichedelia americana che avrebbe affinato il gusto. Il suono a confronto di un Hendrix o stando in Bay Area, di Jefferson Airplane, Grateful Dead, Quicksilver, risultava misero, piuttosto puerile, palesemente scialbo, privo di spunti vivaci e gli arrangiamenti piuttosto elementari e tirati via, relegando il  gruppo come tecnicamente “non troppo dotato”. Ma la storia ha fatto il suo corso e di acqua sotto i ponti n’è passata, da quel lontano 1967. L’orecchio rodato degli innumerevoli fans del “genere”, dopo almeno 30 anni  e cioè con l’avvenuta diffusione di internet, ha fatto giustizia. Acusticamente, i Doors sono i timbri dell’organo di Manzarek e la voce perfetta di Morrison, musicalmente la chitarra di Krieger e il canto di Morrison hanno un ruolo risolutivo. Occorre dire inoltre che Jim Morrison come cantante estese le caratteristiche dell’urlatore rock fuori dai confini convenzionali, per liberare la voce a impersonificare la figura persuasiva dell’oratore profeta.

morrison 3L’album parte con lo swing di “Break on Through”, dove fa la sua prima apparizione il combo-organ Vox Continental di Ray Manzarek che intona un riff tirato dai toni grevi e rugosi in cui si stampa la voce schiantata dalla grinta del suo capo. Morrison dà un saggio delle proprie qualità artistiche nella  dirompente poetica fatta di dualismo fra luce/ombra, giorno/notte, passato/presente, in cui il tempo è l’arbitro e destino dell’esistenza. Le note  andanti di “Soul Kitken” all'”organetto” Vox, è un tipico vagheggiamento psych di provenienza rhytm & blues, che non distoglie l’attenzione al tema principale: l’inesorabile fatalità della vita. La chitarra di Krieger fluttua morbidamente le note, per rinforzare il contenuto delle parole dai toni emotivamente alterati di Morrison. Io dico che Patty Smith, farà sua questo tipo di armonia, cantandoci sopra nella stessa maniera, fino a farla entrare inequivocabilmente nel suo stile. La delicata “Crystal Ship”,  stempera la tensione rivoltosa nella culla languida e sensuale del sogno, il piano accompagna in luoghi remoti e surreali la voce nasale di “Lizard King” che accarezza malinconicamente l’imperdurabile natura dell’amore. “Twentieth Century Fox” è una ballata sarcastica sul fascino esteriore femminile, accompagnata dal solito marchio di fabbrica: le notine di pianola di Krieger. Il remake di “Alabama Song” di Bertolt Brecht e Kurt Weill è una marcetta  ironica retrò, adatta per un avanspettacolo horror che suona molto surreale,  un omaggio alla cultura espressionista europea  frutto di letture del suo leader. Un intermezzo che annuncia il grande capolavoro senza tempo, “Light My Fire”, l’incompiuto pezzo di Robby Krieger, fatto espandere nei 7 minuti tra i più famosi della storia del rock. Per la sua orecchiabilità o per l’idoneità ai trip, sta di fatto che “Light My Fire” fu il primo tormentone “acido e fumoso” di massa che permise di sbloccare i freni inibitori (almeno una volta in compagnia) ad intere generazioni di giovani, per assaporare le voluttà effusive istigate dal celebre pezzo, (“vieni baby, accendi il mio fuoco”) con l’arte interpretativa del fauno dionisiaco Morrison, oltre ogni giustificazione storica.

the doors gruppo 4“Back Door Man”, la cover dello straclassico blues di Willie Dixon che apre la seconda facciata del disco, non frena il passo lento e impietoso del gruppo, un organo da “scolaretto” scandisce in 8, le battute di 4/4 senza requie, dove Morrison non perde l’occasione per graffiare con la sua voce il testo sacro del Chicago blues. “I Looked at You” è un rhytm & blues più sostenuto che ravviva l’andatura del disco, ma l’atmosfera lenta e oppiacea di “End of the Night” ci conduce all'”alba dei sentimenti”, il vibrato della chitarra di Krieger, come un’onda sinuosa accarezza i miraggi fuggenti e fatali di una possibile felicità. La pausa di “Take It As It Comes” allegerisce la tensione lisergica col suo arpeggiato di chitarra e il suo giro di basso (alternativo)  in attesa del gran finale “The End”, il testamento spirituale ante-litteram di Morrison espresso nei quasi 11 minuti di autentico delirio psichico.  L’opera magna dell'”arcano incantatore”, vero saggio di mantra acido decadente, autentico cavallo di battaglia che si prestava alle lunghe improvvisazioni nel mitico “Whisky a Go Go”. Il brano è cadenzato dalle note ipnotiche di chitarra elettrica, che “come stille lacrimali, cadono copiose nel fondo oscuro del pozzo del tempo” . Quando e come finirà non si sa (solo noi lo sappiamo), ma “The End” è in parte il frutto delle letture visionarie e tenebrose di William Blake ed Edgar Allan Poe care al “nostro”. I suoni in sottofondo attendono e conducono l’anima maledetta del poeta Morrison alla confessione più agghiacciante e dissacratoria della storia del rock e non oso riportare le frasi in questione, ma dico solo che l'”uomo libero”,  non può passare (ed è subito un divieto) per il sentiero tracciato dal “Re Lucertola”, con quelle parole di questo capolavoro d’estetizzante pessimismo, sorretto da una forma musicale dalla pertinenza impeccabile. “The End”,  è stata la fine di tutto, la fine di un “sogno”, quello hippie, che si era prefigurato lusinghiero già prima di consumare i suoi ideali.

morrison 4Morrison e i Doors sono stati prima di tutto, una delle forme più riuscite di connubio creativo fra musica rock e messaggio testuale in lingua inglese, il che  non è poco. Il loro giusto posto, anche se oggi fa ancora discutere, è fra i più grandi gruppi di sempre nella storia del rock e il loro debutto a mio avviso, rientra per diritto nella top ten dei “migliori album degli anni ’60”. La morte di Jim Morrison avvenuta nel 1971 all’età di 27 anni in circostanze misteriose relegò al mito la sua figura di “giovane, bello e maledetto”, ma a noi oggi interessa sopratutto la sua voce ed anche le sue parole, come: “Darei la vita per non morire”.

“Meditate gente, meditate…”

The Doors-Light My Fire

rano 2valutaz. ***** Pierdomenico Scardovi


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